giovedì 28 gennaio 2010

A Bougoula, in Mali, si fa il pane con il sole

Nel villaggio di Bougoula, in Mali, a circa 40 km dalla capitale Bamako, adesso il pane non lo si fa più con la legna raccolta fuori dai villaggi, ma con l'energia solare. E a gestire il tutto sono donne del posto, e più precisamente le contadine di 3 comunità rurali dei dintorni di Kati, a sud di Bamako, riunite in una cooperativa. Il progetto, finanziato da organizzazioni non governative straniere, ma gestito appunto da persone del posto, si propone di aiutare gli abitanti di questa zona del Mali a combattere fame e povertà, senza contribuire alla deforestazione e al riscaldamento climatico della terra, e quindi servendosi dell'energia solare, senza bruciare legna e carbone vegetale. Come riferisce il sito Greenreport.it, questa inziativa potrebbe segnare l'inizio di una svolta nella gestione del fabbisogno energetico del Mali, dove per ora il 90% dell'energia prodotta viene da legno e carbone, e dove la fornitura di corrente elettrica è limitata, e riguarda solo il 20% della popolazione urbana e addirittura meno dell'1% della popolazione rurale. Ora si iniziano a sfruttare le 2.500 ore di sole all'anno che in media si registrano in Mali, e magari questo potrebbe essere il primo passo per iniziare a sfruttare anche un'altra fonte di energia rinnovabile di cui è ricco questo paese africano, ossia il vento.

giovedì 21 gennaio 2010

La Milano che accoglie i rom

Il 19 Novembre scorso a Milano è avvenuto l'ennesimo sgombero di un campo rom, al numero 166 di Via Rubattino, in un quartiere ad est di Milano, tra vecchie fabbriche dismesse. I rom che abitavano quel campo erano circa 250, e di questi metà erano minori; 36 bambini di questo campo erano inseriti nelle scuole medie ed elementari della zona, grazie al lavoro di aiuto e accompagnamento svolto dalla Comunità di Sant'Egidio. Era cioé iniziato un processo di vera integrazione, soprattutto per i bambini, quell'integrazione che quasi tutti vogliono a parole, ma che molti in realtà non vogliono. Ma quella mattina del 19 Novembre le ruspe del comune di Milano, le auto dei vigli e i mezzi blindati dei poliziotti, in assetto antisommossa, sono arrivati, hanno fatto uscire tutti i rom dalle baracche, hanno raso al suolo le baracche, hanno radunato i rom rimasti senza baracca e hanno imposto la divisione tra uomini e bambini al di sopra dei 7 anni da una parte, che si devono arrangiare, e donne e bambini al di sotto dei 7 anni dall'altra: per loro forse c'è un letto in un dormitorio pubblico. Successivamente, per fortuna, sulla pressione della Diocesi di Milano, anche i bambini al di sopra dei 7 anni sono stati fatti andare con le mamme. Ma proprio quando quel vergognoso gesto di disprezzo dei diritti umani fondamentali di quelle persone si stava compiendo, ecco che è scattata la mobilitazione di solidarietà dei milanesi che non ci stanno, silenziosa e concreta. Alcune maestre delle scuole frequentate dai bambini rom sono andate quella stessa mattina in Via Rubattino e hanno portato i bambini rom delle loro scuole nelle classi come tutte le altre mattine; le maestre e le mamme del quartiere si sono mobilitate per ospitare a casa propria almeno i bambini, garantendo loro la possibilità di continuare ad andare a scuola e fare la vita che stavano facendo; persone del Naga, della Comunità di Sant'Egidio, dei Fratelli di San Francesco, dei Padri Somaschi, dell' Associazione Bruno Munari, della Casa della Carità e di alcune parrocchie si mettono al lavoro per accogliere quei rom cacciati con tanta brutalità; alcuni cittadini del quartiere organizzano raccolte di coperte e di viveri per i rom. Avviene la risposta di solidarietà del popolo di Milano che dice no alla politica degli sgomberi fine a se stessi, ma che lavora ogni giorno per costruire una convivenza pacifica e arricchente, all'insegna del dialogo e dell'integrazione. In realtà questa risposta di solidarietà e di giustizia era partita già prima dello sgombero, quando nelle scuole del quartiere genitori e maestre avevano organizzato raccolte di firme e fiaccolate per promuovere una soluzione rispettosa dei diritti dei rom ai problemi che v'erano in quel campo, e il Consiglio di Zona di quel quartiere di Milano aveva approvato una mozione per assicurare ai bambini rom che andavano a scuola la possibilità di continuare a farlo. Purtroppo, nonostante questa solidarietà di tanti milanesi all'ennesimo sgombero, alcuni dei rom che abitavano il campo di Via Rubattino sono stati costretti a scappare e a "sparire", tornando in un'anonimato che è un dramma per loro e una sconfitta per tutti. Per chi volesse contribuire a costruire percorsi e momenti di solidarietà con i rom di Via Rubattino, è possibile scrivere all'email della Comunità di Sant'Egidio santegidio.rubattino@gmail.com; è possibile anche contribuire a offrire borse di studio per i bambini rom per aiutarli a continuare ad andare a scuola.

giovedì 14 gennaio 2010

Last Minute Market, per usare e non buttare

Si chiama Last Minute Market ed è un progetto per recuperare e utilizzare quei prodotti destinati alla spazzatura, aiutando le persone che ne possono avere bisogno. Ideatore del progetto è il professor Andrea Segrè, preside della Facoltà di Agraria dell'Università di Bologna. I beni che si possono recuperare e far circolare attraverso la rete di Last Minute Market sono di vario genere: beni alimentari, medicine, libri, e tanto altro ancora. L'attività di Last Minute Market consiste sia nello studio e nell’attivazione di procedure fiscali, igienico-sanitarie e operativo-logistiche sia nella realizzazione di un prototipo operativo. A fruire dei beni donati sono enti ed associazioni che offrono assistenza a persone in condizioni di disagio sociale. Il recupero di cibo che finirebbe in spazzatura permetterebbe anche di tagliare le emissioni di CO2, dato che si calcola che ben il 10% di tali emissioni deriva dalla produzione di cibo poi buttato. In una recente relazione tenuta al vertice sul clima di Copenaghen, il professor Segrè ha affermato che se il modello di Last Minute Market venisse implementato sull'intero territorio italiano, da tutto il settore distributivo dall'ingrosso al dettaglio, si potrebbero recuperare all'anno ben 244.252 tonnellate di cibo per un valore complessivo di 928.157.600 euro. Sarebbe inoltre possibile fornire tre pasti al giorno a 636.600 persone e risparmiare 291.393 tonnellate di CO2 che sono invece attualmente prodotte a causa dello smaltimento del cibo come rifiuto. Per neutralizzare tutta questa Co2 sarebbero necessari 586.205.532 m2 di area boschiva equivalenti a 58.620 Ha o a 117.200 campi da calcio. Nella sua relazione il professor Segrè ha anche dichiarato che i paesi europei hanno cibo a disposizione in quantita' 3 volte maggiore di quello di cui avrebbero bisogno, eppure in Europa ancora 43 milioni di persone sono a rischio di sicurezza alimentare. Con il cibo gettato a livello mondiale non solo si potrebbero nutrire 3 miliardi di persone, ma recuperandolo, e dunque prevenendo la formazione dei rifiuti, si potrebbe dare un grande contributo alla lotta contro il riscaldamento globale.