giovedì 6 marzo 2008

I musulmani che aiutarono gli ebrei negli anni dell'Olocausto

A Gerusalemme nel memoriale della Shoah, lo Yad Vashem, il più importante museo al mondo dedicato all'olocausto, c'è un'elenco di circa 22.000 nomi. Sono i cosidetti "giusti ta le nazioni", persone che operarono concretamente per salvare la vita degli ebrei durante gli anni dell'Olocausto. Ebbene, tra questi vi sono anche 70 musulmani. Coraggioso esempio di un amore universale e di una fede che non divide ma unisce, e testimonianza concreta di una frase che ricorre sia nel Talmud che nel Corano: "Chi salva una vita salva il mondo intero". Con il loro nome, essi rimangono lì a invitarci ad andare al di là di tutte le letture semplicistiche della realtà e dei suoi conflitti, e a indicarci una via di dialogo e di amore nel tentativo di risolvere la convivenza tra persone di cultura e religione differenti, una via molto diversa da quella che oggi, spesso, porta agli scontri e alla costruzioni di muri. I 70 musulmani "giusti" sono stati ricordati in una mostra recentemente promossa dal Centro di cultura e attività missionaria del Pime, sponsorizzata dalla Regione Lombardia, e intitolata appunto "Giusti dell'Islam". Attraverso 25 pannelli la mostra, organizzata nei giorni della celebrazione della Giornata della memoria, ha inteso raccontare la storia di alcune di queste persone: 2 bosniaci, 3 albanesi, 2 diplomatici turchi e un iraniano, che contribuirono a salvare la vita ad alcune decine di ebrei. Tutte persone che hanno rischiato la loro vita per aiutare gli ebrei vittime delle persecuzioni naziste. Come Necdet Kent, console turco a Marsiglia, che salì su un treno di deportati e convinse le SS a liberare tutti i "passeggeri" minacciando di creare un incidente diplomatico. O come Abdol Hossain Sardari, console iraniano a Parigi, conosciuto anche come lo "Schindler musulmano", che concedeva il passaporto anche a ebrei non provenienti dall'Iran per impedire il loro trasferimento nei lager. Nella mostra anche uno sguardo su un azione di oggi che lancia lo stesso messaggio di pace e di superamento dell'odio che ci hanno lasciato i "giusti musulmani": i genitori di Ahmed, un ragazzino palestinese di 12 anni ucciso per sbaglio da un israeliano, hanno donato i suoi organi salvando la vita di 6 persone israeliane. Anche oggi, come allora, musulmani ed ebrei continuano ad aiutarsi.

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