venerdì 30 maggio 2008

L'aiuto della Chiesa del Myanmar agli sfollati

Dopo la tragedia provocata dal ciclone Nargis, in Myanmar, nonostante la presenza di un regime autoritario renda difficoltosa la circolazione e la libera fruizione degli aiuti, la Chiesa locale sta svolgendo una silenziosa ma importante opera di aiuto nei confronti di tutti gli sfollati e i senza tetto. Le diocesi colpite dal disastro del ciclone, Yangon, Mawlamyine e Pathein, hanno organizzato gruppi di soccorso e allestito nelle parrocchie campi per i rifugiati. A Pathein il vescovo, mons. John Hsane Hgyi, con alcuni sacerdoti hanno formato un team che sta girando la zona per raccogliere gli sfollati e portarli nei due centri di accoglienza allestiti nei compound delle parrocchie di Kanazogon e Myaungmya, per poi dar loro cibo e medicine. L’arcidiocesi di Yangon, dal canto suo, ha istituto un comitato speciale per l’emergenza, il Myanmar Disaster Relief Committe, che comprende rappresentanti delle vittime, delle parrocchie e dei partner donatori. L'emergenza è grave: dopo i 200.000 morti di cui parlano le stime ufficiali, ci sono ancora un milione e mezzo di persone che hanno bisogno di aiuto; la gente e soprattutto i bambini muoiono di fame, mentre colera e dissenteria hanno già fatto numerose vittime tra i più deboli. L'iniziativa è supportata anche dal Pime, che ha lanciato la campagna Sanamu Mieta, che in italiano significa Simpatia e amore. Qui è possibile raccogliere informazioni sull'impegno del Pime per gli sfollati del Myanmar e dare il proprio contributo in appoggio all'iniziativa.

venerdì 23 maggio 2008

In Brasile grande successo di un programma per diminuire le armi in circolazione

81.581 armi restituite in 10 mesi. Questo è il risultato, a oggi, di un programma portato avanti dal parlamento brasiliano per cercare di ridurre il numero di armi in circolazione nel paese e abbassare di conseguenza il livello di violenza e incidenti che costituiscono una delle piaghe più dolorose del Brasile. Secondo la direzione nazionale della polizia criminale, prima del luglio 2007, solo 1.123.059 persone avevano il porto d'armi, quando una stima sul numero reale ne individuava 4 milioni. E dei 2.052 omicidi dolosi registrati nel 2006, il 50 percento è stato commesso con un arma da fuoco. Da quando è stato lanciato il programma di riconsegna delle armi, sembra che il numero dei crimini d'arma da fuoco sia sceso dell'8%. Il programma, chiamato Programma nazionale di consegna volontaria delle armi e lanciato nel luglio 2007, mira a convincere i brasiliani a consegnare le armi in cambio di un incentivo economico. Dato il risultato dell'iniziativa, essa è stata prolungata dal parlamento brasiliano, e inoltre la Camera dei deputati ha anche approvato una misura provvisoria che concede un'amnistia generale a tutti coloro che possiedono un'arma illegalmente e accettano di registrare la propria arma al Registro nazionale (Renar), in modo da stimolare anche chi non ha la minima intenzione di rinunciare al possesso della propria arma, quantomeno a registrarla, senza per questo dover pagare una multa. Uno dei motivi del grande successo dell'iniziativa, secondo gli addetti del Renar, è il fatto che la consegna sia anonima, oltre ovviamente all'incentivo economico che si riceve, che va dai 100 ai 450 pesos, a seconda del calibro dell'arma consegnata. E delle armi riconsegnata cosa ne farà il governo brasiliano? Dopo aver reso pubblico l'elenco di tutte le armi consegnate, l'intenzione è quella di distruggerle, fonderle e vendere quindi il metallo ottenuto dalla fusione per investire poi il ricavato della vendita in opere di bene. Ogni zona sceglie come e cosa farne. In Paraná, per esempio, è stato deciso di devolvere i soldi alla fondazione di un ospedale. (Fonte Peacereporter).

venerdì 16 maggio 2008

Slum TV, la tv della baraccopoli di Mathare, a Nairobi

Il Kenya ha vissuto nei mesi scorsi una stagione di violenze e di scontri a causa dell'esito delle elezioni, che avevano visto la proclamazione del presidente Mwai Kibaki contestata dal capo dell'opposizione Raila Odinga. Kibaki è della dinastia Kikuyo, Odinga è dei Luo. Il bilancio fornito dalla Croce Rossa locale, parla di oltre mille morti, migliaia di feriti e 304.000 senza più un tetto. In un quartiere di Nairobi chiamato Mathare in questi mesi sono stati derubate, torturate e uccise centinaia di persone e tante abitazioni sono state saccheggiate, bruciate e rase al suolo. A Mathare vivono circa 400.000 abitanti, in un'area grande quanto 200 campi da calcio convivono 42 gruppi etnici. Qui a Mathare si trova la seconda baraccopoli per grandezza del Kenya e una delle più povere tra le 199 censite da Un Habitat, l'agenzia dell'ONU che si occupa dei senza casa a Nairobi. E qui, proprio a Mathare, è nata Slum TV, una televisione creata da un gruppo di giovani filmakers e fotografi keniani che vivono a Mathare. Lo scopo di questa "televisione alternativa" è di raccontare storie di vita ordinaria, in cui sono presenti si la violenza, la povertà e la desolazione, ma ricorrono anche speranza e solidarietà. Slum TV vuole infatti raccontare un pezzo di Kenya che non è solo guerra, ma anche convivenza pacifica e gesti di solidarietà. Così mentre il mondo riprendeva solo le immagini degli scontri scoppiati dopo l'annuncio dei risultati elettorali, i giovani operatori e fotografi di Slum TV raccoglievano storie di solidarietà. Donne di etnia Luo che ospitavano famiglie di etnia Kikuyo. Centri di assistenza gestiti da donne keniane nei luoghi in cui le agenzie internazionali non si avventurano, talmente alto è il rischio. Un gruppo di uomini che salvano la vita ad un uomo di un'etnia diversa dalla loro. Gli operatori hanno frequentato solo un corso di due settimane di ripresa e montaggio, imparando da soli le regole basilari del mestiere. Nelle loro mani, una sola videocamera. Una volta al mese, i loro video vengono proiettati davanti a centinaia di persone nella baraccopoli. Nei suoi quasi due anni di vita i principali successi sono state proprio le testimonianze di vita ordinaria. Superando i confini del già visto, questi giovani sono riusciti a fermare quei gesti di umanità che si aprivano, improvvisi, tra lo scorrere di una quotidianità fatta di dolore e distruzione. Alexander Nikolic, artista di origine serba, ci racconta come il fine sia quello di lavorare insieme per realizzare alla fine un archivio, una memoria. "La gente del quartiere - dice Nikolic - guarda la televisione in pubblico: calcio inglese e bolckbusters hoollywoodiani. Abbiamo, dunque, pensato che sarebbe stato più facile applicare le regole della televisione delle origini, in cui qualsiasi proiezione nelle sale cinematografiche era sempre accompagnata da un notiziario. Che, poi, inseriamo in un archivio affinché non si perda". Questo quindi l'importante obiettivo di Slum TV: costruire, video dopo video, una speranza che permanga e cresca nel tempo. Qui, sul sito di Slum TV, si possono vedere alcuni video realizzati da questa televisione. (fonte Peacelink)

mercoledì 7 maggio 2008

Nuovi pozzi per l'acqua potabile a Kani in Costa d'Avorio

Per una comunità realizzare un pozzo per l'acqua potabile non significa solo migliorare la vita di tutti i suoi membri, ma anche permettere ai suoi bambini di frequentare la scuola perché liberati dall'obbligo di camminare per ore e ore sotto il sole per andare a prendere l'acqua. E la comunità cristiana di Kani, sostenuta da Padre Carlos Da Silva, missionario brasiliano del PIME, sta lavorando da più di un anno per costruire nuovi pozzi per l'acqua potabile. Questo perché da oltre 4 anni, a causa della guerra, l'impianto di distribuzione di acqua potabile non funziona più regolarmente e sufficientemente. E cosi la popolazione del posto s'è vista costretta spesso a bere acqua non pulita, raccolta nelle pozze stagnanti. La conseguenza è stato un aumento rapido delle malattie e delle morti, soprattutto tra le persone più deboli, e cioé bambini e anziani. Il progetto portato avanti dagli abitanti di Kani prevede di costruire nuovi pozzi e attrezzarli per proteggerli dall'inquinamento ambientale. Questo significa scavare dei pozzi, che generalmente non sono più profondi di 10 metri, e dotarli di una muratura che eviti il crollo delle pareti e di una piattaforma di cemento che ne chiuda l'apertura quando il pozzo non viene utilizzato. Il costo per ogni pozzo si aggira intorno ai 1.500 euro. Per avere ulteriori informazioni su questo progetto o per dare un contributo per la sua attuazione, è possibile andare sul sito del PIME.

venerdì 2 maggio 2008

Una carta dell'acqua e 5,5 miliardi per salvare il fiume Niger

A Niamey, capitale del Niger, s'è tenuto un vertice per discutere della situazione difficile che sta vivendo il fiume Niger, la cui esistenza è seriamente minacciata dalla siccità e dall'insabbiamento, che ne riducono la portata mettendo a rischio la navigazione e la popolazione dei pesci. Alla sopravvivenza di questo fiume è legata la vita di circa 110 milioni di persone. Alla fine del vertice l’Autorità del bacino del Niger ha adottato una "Carta dell'acqua", che obbliga nove paesi interessati al problema a impegnarsi per la preservazione dell’ecosistema e chiede un utilizzo equo e razionale dell’acqua per soddisfare i bisogni “prioritari” delle popolazioni più povere. Fra i 37 articoli della carta emergono l’imposizione di tasse su massicci prelievi d’acqua e multe contro l’inquinamento, nonché la raccomandazione di soluzioni “conciliate” attraverso la mediazione a eventuali controversie fra gli stati. Oltre alla "Carta dell'acqua", è stato approvato un piano d’investimenti per l’equivalente di 5,5 miliardi, che sarà dedicato a 639 azioni divise in quattro piani quinquennali fino al 2027 per sviluppare lungo i 4200 chilometri del Niger infrastrutture socio-economiche e proteggere le risorse e gli ecosistemi. (fonte Misna)