lunedì 21 dicembre 2009

A Natale pranzo di famiglia con chi una famiglia non ce l'ha

E' un gesto che la Comunità di Sant'Egidio compie ogni 25 dicembre, da 27 anni: pranzare con poveri della propria città, con chi non può passare il giorno di Natale circondato dall'affetto dei suoi cari perché non ha una famiglia nè parenti con cui condividere questo giorno di festa. Anche quest'anno, in tante città italiane e non, tanti uomini e donne della Comunità di Sant'Egidio, che durante l'anno fanno tante altre iniziative importanti a favore dei più poveri e dei più emarginati, passano il loro Natale con le persone meno fortunate. L'iniziativa sgorga spontaneamente dallo spirito della comunità, che si considera una famiglia raccolta intorno al Vangelo. E allora a Natale, che è il giorno in cui le famiglie si riuniscono intorno a una tavola, la Comunità di Sant'Egidio si raccoglie intorno a una mensa con coloro che sono per la comunità come parenti e amici: i poveri. Senzatetto, pofughi, bambini di strada, mendicanti e altre persone povere si riuniscono nei locali della comunità, e per un giorno mangiano come si deve e respirano un'aria di accoglienza e di fraternità. A Milano il pranzo si terrà presso il Polo Ferrara, all'angolo tra via Mincio e piazzale Ferrara, e in due saloni della parrocchia di San Michele e Santa Rita, in zona Corvetto, e tutti coloro che vogliono partecipare a questa iniziativa possono dare il loro contributo o portando cose da mangiare e da bere nei due giorni precedenti il Natale, o andando a servire il pranzo il 25 stesso. Oltre a Milano, altri pranzi con i poveri si faranno a Roma, Torino, Bari, Genova e San Salvador. A questa pagina del sito della Comunità di Sant'Egidio è possibile trovare tutte le informazioni utili per chi volesse partecipare.

giovedì 17 dicembre 2009

L'energia da fonti rinnovabili cresce anche in Italia

Anche nel nostro paese, nonostante tutto, nonostante la crisi e nonostante la politica dell'attuale governo non faccia molto per favorirne la diffusione, l'utilizzo di energia prodotta da fonti rinnovabili è cresciuto nel 2008 del 18% rispetto al 2007. Questo in un quadro, quello dell'anno scorso, in cui i consumi energetici nazionali primari sono calati del 1,2%. Questi dati sono contenuti nel Bilancio Energetico nazionale 2008, presentato dalla Direzione generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e le infrastrutture energetiche del Dipartimento energia del Ministero per lo sviluppo economico. La quota di energia "pulita" sul totale di energia consumata in Italia è pari al 8,9% del totale dei consumi energetici, cioé 17 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio) su 191 milioni di tep. Purtroppo il petrolio, nonostante una contrazione del 4%, rimane ancora la fonte energetica primaria, con 79 milioni di tep, pari al 41,3% del totale, seguito dal gas, con 70 milioni di tep, pari al 36,6% del totale, e dai combustibili fossili, 17 milioni di tep, pari all'8,9% del totale. Dati che dimostrano come forse i cittadini italiani mostrino in questo ambito di essere più avanti e più lungimiranti dei politici che li governano, anche se sicuramente nel nostro paese si potrebbe fare molto di più per la diffusione dell'energia rinnovabile. Qui è possibile trovare ulteriori dati contenuti nel Bilancio Energetico nazionale 2008, in particolare sull'andamento dei consumi energetici nazionali per settore.

giovedì 10 dicembre 2009

Giornata mondiale dei diritti umani: abbraccia la diversità, metti fine alla discriminazione

Come ogni anno, il 10 dicembre ricorre la Giornata mondiale dei diritti umani, in memoria dell'adozione, nel 1948, della Dichiarazione universale dei diritti umani. In occasione dell'anniversario di quest'anno, che ha come titolo Abbraccia la diversità, metti fine alla discriminazione, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, ha ricordato le forme di discriminazione e di non rispetto dei diritti umani che ancora oggi ci sono in diverse parti del mondo. Tra le discriminazioni più diffuse quelle sui migranti, che, oltre ad essere sfruttati nella loro miseria e nella loro disperazione per un arricchimento illegale di pochi sfruttatori, sono spesso costretti in molti paesi, anche in paesi ricchi come quelli europei, a vivere detenuti per mesi, se non per anni, in strutture simili a carceri senza aver compiuto neanche un reato. Altra categoria di persone fortemente discriminate è quella delle donne, che lavorano i due terzi del tempo lavorativo mondiale, producono metà dei beni che si consumano ogni giorno nel mondo, ma posseggono solo un decimo di quanto si produce nel mondo. Per non parlare di quando sono costrette a subire violenze o a essere escluse in vario modo dalla vita sociale, cosa che avviene in molti paesi, anche i più ricchi e i più insospettabili. Tra le persone discriminate nel mondo anche gli indigeni, che costituiscono un quinto della popolazione mondiale, ma che sono il 15% della popolazione più povera al mondo. Infine bambini, disabili e persone "diverse" appartanenti a diversi tipi di minoranze soffrono ancora in molte parti del mondo perché non vedono riconosciuti i loro diritti. La Giornata mondiale dei diritti umani è allora l'occasione per aumentare ulteriormente la nostra consapevolezza su queste discriminazioni e per affinare la nostra capacità di riconoscerle, anche quando si presentano come razzismo istituzionalizzato, come conflitto etnico, come versione nazionale ufficiale della storia che nega l’identità altrui, o nei panni di episodi, anche piccoli, di intolleranza e rifiuto. E' bene sempre ricordare, come ammonisce l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, che 26 dei 30 articoli che compongono la Dichiarazione universale dei diritti umani iniziano con “Tutti hanno diritto...” o “Nessuno deve essere escluso...”.

giovedì 3 dicembre 2009

Sambhavna, la clinica che assiste i malati di Bhopal

Su questo blog ho già scritto un post sul disastro di Bhopal e sull'iniziativa di Amnesty International per assicurare un po' di giustizia alle vittime di quella tragedia e alle loro famiglie, dopo 25 anni da quel 2 dicembre 1984. Nella zona interessata dal disastro del 1984 sorge da 14 anni una clinica che si chiama Sambhavna e che offre assistenza gratuita a coloro che ancora oggi risentono sulla propria salute delle conseguenze di quel disastro. Si, perché ancora oggi numerosi residenti della zona attinente al sito della Union Carbide, oggi Dow Chemical Company, sono affette da tumori, lamentano dolori addominali, cefalee, problemi di pelle e si registra un forte numero di bambini nati con malformazioni. A queste persone la Union Carbide, oggi Dow Chemical Company, non ha mai dato nessun risarcimento, anche se ci sono diverse cause legali aperte sia in India che in USA. La clinica Sambhavna, che è stata costruita anche con il sostegno di Dominique Lapierre, che ha scritto anche un libro su quanto avvenuto a Bhopal, intitolato Mezzanotte e cinque a Bhopal, assiste circa 30.000 pazienti e lavora ogni giorno per sensibilizzare sui danni che ancora oggi la fuoriuscita delle sostanze chimiche avvenuta 25 anni fa provoca sui cittadini di quella zona dell'India. Recentemente in Svizzera e in Inghilterra sono stati effettuati delle analisi su campioni raccolti dai terreni di quella zona, ed essi hanno dimostrato che a distanza di 25 anni la presenza di 16 agenti contaminanti resti a livelli molto superiori a quelli indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tra questi un tasso di cloroformio tre volte e mezzo superiore alla norma consentita e altissimi livelli di tetracloruro di carbonio. Inoltre si è anche accertato che anche i bambini nati dopo il 1984 soffrono di conseguenze legate a quel disastro. Qualcuno l'ha chiamato il "secondo disastro di Bhopal", quello che colpisce e che forse colpirà per anni e anni una nuova generazione di persone, nata dopo il 1984. Disastro che è certificato anche dalle pozzanghere di mercurio che ancora oggi giacciono nell'area circostante la fabbrica. Per questo è sempre più urgente bonificare l'area interessata dal disastro da ogni residuo tossico e assicurare, anche attraverso i risarcimenti che ancora non sono arrivati dalla Union Carbide, oggi Dow Chemical Company, assistenza medica e psicologica alle migliaia di persone che ancora oggi soffrono per quel disastro, come fa la clinica Sambhavna.

giovedì 26 novembre 2009

Qui Milano Libera, la Milano che resiste e che fa democrazia

Si chiama Qui Milano Libera ed è un gruppo di persone che, nella città in cui vivono, cioé Milano, si dà da fare per promuovere una partecipazione continua, critica e costruttiva alla vita democratica del nostro paese, e per fare, come loro dicono, "resistenza culturale" al degrado morale, civile e politico del nostro paese. Hanno un blog, che ha il nome di uno dei principali protagonisti del gruppo, dove scrivono per difendere la nostra costituzione e fare una critica puntuale, severa e dettagliata agli atteggiamenti del potere e dei potenti di turno quando essi sono intrisi di ingiustizie, di falsità e di ipocrisie. Vogliono difendere i diritti fondamentali sanciti dalla nostra costituzione e vogliono ritornare a promuovere una democrazia partecipata che parte dal basso e che è legata al territorio. Ogni settimana infatti si trovano in una piazza di Milano e fanno quella che loro chiamano l'Agorà, cioé un incontro pubblico tra la gente che cammina per le strade della città, in cui ciascuno può prendere la parola e dire la sua sui temi che reputa importanti. E' un modo per partecipare, per dire: io ci sono, e per sensibilizzare gli altri cittadini sui temi che li riguardano. Inoltre organizzano incontri e manifestazioni su temi di interesse pubblico e sollecitano i politici con domande dirette nei loro incontri pubblici. Oltre alla città di Milano, vi sono anche altre città in cui altre persone, con lo stesso spirito, portano avanti gli stessi obiettivi. A Bologna, Lecco, Roma, Torino e Matera, persone che condividono la stessa "premura democratica" si danno da fare per promuovere democrazia partecipata nelle loro città.

giovedì 19 novembre 2009

Nuova Zelanda, Danimarca e Singapore i paesi nel mondo percepiti come meno corrotti

Transparency International, organizzazione non governativa con sede a Berlino che dal 1993 opera per combattere la corruzione nel mondo, ha stilato la sua classifica annuale legata all'Indice di percezione della corruzione (CPI) del settore pubblico di 180 paesi nel mondo. L'Indice di percezione della corruzione è un punteggio da 0 a 10 che sta ad indicare il livello di percezione della corruzione che si ha a proposito di un determinato paese. Tale punteggio viene assegnato sulla base dell'analisi di 13 elementi costituiti da business reports, ricerche e opinioni di esperti. I punteggi alti indicano bassi livelli di percezione di corruzione, mentre i punteggi che tendono verso lo 0 indicano una percezione di elevata corruzione. Secondo questa classifica il paese in cui è percepito il più basso livello di corruzione è la Nuova Zelanda, con un punteggio di 9,4, seguita da Danimarca, 9,3, e Singapore, 9,2. E l'Italia? Si trova al 63° posto, con un punteggio di 4,3. Il nostro paese è dietro a paesi africani come Botswana (5,6), che viene percepito come il paese meno corrotto del continente africano, Sudafrica (4,7) e Namibia (4,5). I paesi con il più basso livello di percezione di corruzione dell'Amercia latina sono Cile e Uruguay, entrambi con un punteggio di 6,7, mentre Cuba in questa classifica si trova due posizioni più su dell'Italia. Gli USA sono 19° in classifica con un punteggio di 7,5. All'ultimo posto della classifica del CPI si trova la Somalia, preceduta di poco da Afghanistan, Myanmar, Sudan e Iraq. Sebbene i dati del CPI siano da prendere con le molle e siano relativi alla percezione della corruzione più che alla corruzione stessa, essi possono essere indicativi e utili per prendere coscienza della diffusione e della geografia della corruzione in tutto il mondo, sfatando anche falsi luoghi comuni sulla differenza del livello di corruzione tra paesi economicamente più avanzati e paesi più poveri. Per vedere la mappa con tutti i punteggi di CPI nel mondo, si può andare a questa pagina, mentre per avere ulteriori informazioni su Transparency International e sull'Indice di percezione della corruzione, si può visitare il sito dell'Organizzazione.

giovedì 12 novembre 2009

Presentate le firme per la difesa dei diritti dei migranti in Libia

Sono state consegnate in settimana agli uffici di rappresentanza in Italia del Parlamento Europeo e Commissione Europea, con la presenza di UNHCR, le 18.000 firme raccolte da Come un uomo sulla terra e Fortress Europe per chiedere che venga avviata un'inchiesta internazionale sulle modalità di controllo dei flussi migratori in Libia in seguito agli accordi bilaterali con il governo italiano e che venga inviata una missione umanitaria in Libia per verificare la condizione delle persone detenute nelle carceri e nei centri di detenzione per stranieri. Si tratta di un'iniziativa volta a chiedere con forza il rispetto dei diritti dei migranti in Libia, che mira anche a un incontro di sensibilizzazione su questo tema con i presidenti di Camera e Senato del nostro Paese. Le firme che i promotori della petizione hanno raccolto sono di persone che da circa un anno sentono di dover alzare la propria voce e di fare qualcosa per fermare l'azione politica congiunta del nostro governo e del governo di Tripoli, che non è rispettosa dei più elementari diritti delle persone che fuggono dal loro paese in cerca di un futuro migliore. Un modo anche per ripristinare il diritto di ognuno di noi di conoscere la verità dei fatti su fenomeni che coinvolgono in maniera drammatica migliaia e migliaia di persone.

giovedì 5 novembre 2009

Corso per mediatori internazionali di pace: settima edizione a Bertinoro

Si ripete ormai da 7 anni ed è un appuntamento che richiama sempre di più l'attenzione delle istituzioni e di comuni cittadini interessati a dare un contributo personale e concreto alla pace negli scenari internazionali ancora colpiti da guerre. E' il Corso per mediatori internazionali di pace organizzato da Pax Christi Italia, dall'Associazione Locale Obiezione e Nonviolenza - Gruppo di Azione Nonviolenta Forlì-Cesena, e dall'ISCOS-Cisl di Forlì-Cesena. Anche quest'anno il corso si terrà a Bertinoro e durerà da giovedi 26 novembre a domenica 29 novembre. L'obiettivo è quello di fornire ai partecipanti i primi strumenti di base per implementare e gestire modalità di soluzione nonviolenta dei conflitti, attraverso lo strumento dei Corpi Civili di Pace, che lavorano per la risoluzione dei conflitti attraverso azioni nonviolente quali la prevenzione, il monitoraggio, la mediazione, l’interposizione e la riconciliazione. Durante i 4 giorni di corso è prevista anche una serata pubblica aperta alla cittadinanza nel Museo Interreligioso del CEUB, il Centro residenziale universitario di Bertinoro. La serata, prevista per il 27 novembre alle ore 21, sarà dedicata alle esperienze di Interventi Civili di Pace in zone di conflitto. Per chi fosse interessato al corso, qui è possibile trovare tutte le informazioni utili.

giovedì 29 ottobre 2009

Giustizia per gli abitanti di Bhopal

Il 2 dicembre 1984, a Bhopal, in India, nell'azienda di pesticidi della Union Carbide (oggi Dow Chemical Company), si verificò un gravissimo incidente che provocò la fuoriuscita di 54 mila tonnellate di isocianato di metile (Mic), un'agente chimico utilizzato nella produzione di pesticidi, e di 12 mila chili di altri reagenti chimici. Nel giro di pochi giorni morirono tra le 7.000 e le 10.000 persone, circa mezzo milione di persone fu esposto ai gas tossici. Nei 20 anni successivi morirono altre 15.000 persone. Si trattava in gran prevalenza di persone povere che vivevano nei centri abitati che circondavano lo stabilimento. Molte famiglie delle vittime, spesso unica fonte di reddito a casa loro, precipitarono nella povertà più assoluta, perdendo il bestiame e, a causa dei problemi di salute, anche il lavoro e la possibilità di lavorare per guadagnare in altro modo i soldi che non arrivavano più. A 4 anni dalla strage il governo indiano raggiunse un accordo extragiudiziale con la Union Carbide per risarcire le vittime dell'incidente con un totale di 470 milioni di dollari. Ma i cittadini di Bhopal e molte associazioni che li hanno sostenuti hanno denunciato due cose fondamentali: che i diritti umani non sono negoziabili e quindi nessun risarcimento economico può ripagare la violazione dei diritti umani che la Union Carbide con quell'incidente provocò alle persone che lavorano e vivevano a Bhopal, e che quel risarcimento economico pattuito era comunque insufficiente. Per questo Amnesty International, insieme ai cittadini di Bhopal e ad altre associazioni, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e di mobilitazione per chiedere al governo indiano di riaprire le indagini sulla strage di Bhopal per assicurare giustizia alle vittime del disastro e per dare loro un risarcimento adeguato, non solo economico, ma anche morale. Nel 2008 il governo indiano si era impegnato a venire incontro ad alcune delle richieste della gente di Bhopal. Una di queste era di istituire una Commissione con pieni poteri sul disastro di Bhopal, ma la costituzione di questa Commissione, secondo il governo indiano, è stato ritardato a causa delle elezioni politiche del 2009. Dal 2 al 6 novembre in Italia saranno presenti alcuni abitanti di Bhopal, che arriveranno in alcune città italiane con un bus per sensibilizzare sulla loro lotta per riavere i diritti negati. Qui è possibile vedere il calendario delle loro iniziative nelle diverse città italiane, mentre qui è possibile sapere chi sono le persone che saranno sul bus. A questa pagina del sito di Amnesty International è possibile leggere e firmare l'appello per ridare giustizia agli abitanti di Bhopal.

giovedì 22 ottobre 2009

Dialogo interreligioso a Doha per una maggiore solidarietà umana

A Doha, in Qatar, è in corso in questi giorni la settima conferenza internazionale sul dialogo interreligioso. Da questo consesso, i 170 delegati cristiani, ebrei e musulmani, lanciano insieme un appello a una maggiore solidarietà umana in un mondo colpito da guerre, povertà, carestia e gravi disastri naturali, e in cui circa 800 milioni di persone soffrono quotidianamente la fame. E' proprio il tema della solidarietà umana che è al centro della conferenza di quest'anno, una solidarietà che deve partire anche da un dialogo più intenso e più aperto da parte delle diverse religioni, fondandosi sulle basi comuni che le uniscono. Perché la solidarietà? Perché c'è la convinzione che proprio la solidarietà umana sia una delle risposte più efficaci ai problemi e ai drammi più gravi che colpiscono l'umanità, dai mutamenti climatici alla fame nel mondo, dal traffico dei minori alle malattie come l'aids e a tutte le altre emergenze. L'incontro è promosso dal Centro internazionale di Doha per il dialogo interreligioso (Dicid) e, tra i risultati del lavoro in corso a Doha, c'è anche la pubblicazione di un documento comune sulla grave situazione umanitaria nella regione dei grandi laghi in Africa, continente dove circa 240 milioni di persone ogni giorno patiscono la fame.

giovedì 15 ottobre 2009

La marcia della pace Perugia-Assisi cammina in Terra Santa

Circa 400 persone provenienti un po' da tutta Italia e anche da alcune zone d'Europa, stanno compiendo in questi giorni una marcia per la pace, quella che tradizionalmente si faceva da Perugia ad Assisi, in Terra Santa. I componenti del gruppo sono partiti da Betlemme il 10 ottobre e arriveranno a Gerusalemme il 17 ottobre prossimo, passando per Hebron, Tel Aviv, Gaza, Nazareth, Nablus e altri territori interessati dalle dispute tra israeliani e palestinesi. Lo scopo di questa marcia, denominata "Time for Responsabilities", cioé "Tempo per le responsabilità", è quello di portare un segno concreto di pace, di speranza, di solidarietà, di responsabilità assunta e condivisa appunto, a 2 popoli che vivono in una terra dove da decenni si continua a morire per un conflitto di cui non si è ancora riusciti a trovare una soluzione e per cui in questi mesi sembra purtroppo ancora più fragile la possibilità di trovarla. Tra i partecipanti alla marcia, vi sono semplici cittaidni, giovani e anziani, studenti e insegnanti, sportivi e artisti, e rappresentanti di oltre 50 istituzioni locali. Non è la pima volta che la marcia per la pace si trasferisce fuori dall'Umbria, dato che nel 1989 essa contribuì a formare una grande catena umana, di circa 30.000 persone, ancora a Gerusalemme, e nel 1991 essa fu fatta a Reggio Calabria per dire no a un'altra guerra, la guerra di mafia. Questo uscire dal suo luogo di nascita sottolinea come la marcia abbia finalità concrete e forti di sensibilizzazioni e di appoggio popolare ai processi di pace che appaiono più urgenti e inderogabili. La marcia per la pace Perugia-Assisi ritornerà in Umbria 16 maggio 2010. Sul sito www.perlapace.it è possibile aggiornarsi sugli sviluppi della marcia di questi giorni in Terra Santa e sulle future iniziative degli organizzatori della marcia.

giovedì 8 ottobre 2009

Sahrawi e Sahara occidentale: dall'ONU ancora un invito a una soluzione pacifica

Nella sede ONU di New York, durante i lavori della Quarta Commissione delle Nazioni Unite su questioni politiche e decolonizzazione, il rappresentante del Messico all'Onu, Claude Heller, a nome del "Gruppo di Rio", istituito da 22 paesi di America Latina e Caraibi, ha ribadito che bisogna accellerare il processo diplomatico tra Sahrawi e governo marocchino, per arrivare presto a una soluzione pacifica che garantisca al popolo dei Sahrawi il suo diritto all'autodeterminazione. Come riportato in un altro post in questo blog, decine di migliaia di Sahrawi ancora oggi sono costretti a vivere in campi profughi situati soprattutto sul territorio algerino, in condizioni precarie e sotto una costante violazione dei propri diritti, primo tra tutti quello all'autodeterminazione. La situazione è bloccata da diversi anni, in quanto il Marocco non vuole perdere il territorio del Sahara Occidentale, ricco di risorse, mentre i Sahrawi chiedono da anni un referendum con cui decidere, attraverso la volontà popolare, se costituire un proprio stato indipendente. Molti osservatori internazionali, pur constatando le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere moltissimi Sahrawi, spingono per una soluzione pacifica e diplomatica, in quanto temono che si possa scatenare un processo di violenza e di frammentazione in quella regione dell'Africa nel caso si impongano decisioni non condivise. Tuttavia c'è la consapevolezza che il Sahara Occidentale forse oggi può essere considerata l’ultima colonia in Africa dopo che il suo processo di decolonizzazione è stato bloccato dal governo marocchino, che ha annunciato per il 6 novembre prossimo l'avvio di una “carovana-dibattito”, denominata "Oui-Autonomie", per presentare attraverso il paese il progetto di autonomia per il Sahara Occidentale come unica via percorribile, contrapposto al referendum sull’autodeterminazione richiesto dai Sahrawi. La situazione quindi purtroppo non sembra sbloccarsi, ma è importante continuare a mantenere i riflettori accesi su questa situazione perché il popolo Sahrawi ha diritto a una soluzione giusta di questa decennale situazione di ingiustizia.

giovedì 1 ottobre 2009

Libertà d'informazione: sabato 3 ottobre tutti in piazza

Il prossimo sabato, 3 ottobre 2009, in molti comuni d'Italia gli italiani che hanno a cuore la libertà d'informazione, di pensiero e di stampa, scenderanno in piazza per manifestazioni e presidi. La manifestazione principale è prevista a Roma, in Piazza del Popolo, a partire dalle 15.30. Ma in molti altri comuni d'Italia, sempre nel pomeriggio di sabato 3 ottobre, altri cittadini che magari non hanno la possibilità di andare a Roma, scenderanno in piazza per manifestare a sostegno di un'informazione libera e pluralista. A Milano, a Torino, a Palermo, a Cagliari, a Savona, e in tanti altri comuni, sono previsti presidi e manifestazioni. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), organizzatrice dell'iniziativa, ha aperto un blog dove è possibile vedere tutte le adesioni alla manifestazione e leggere tutte le iniziative che si faranno. Non solo in Italia, dal momento che, per la libertà di informazione nel nostro Paese, sono previste manifestazioni anche a Parigi, Bruxelles e Barcellona. Questo perché anche molti media stranieri sono entrati nel mirino della volontà censoria di certa classe dirigente del nostro Paese. Alla manifestazione di Roma, dove sono previsti per l'occasione centinaia di pullman, hanno aderito diverse testate giornalistiche, nazionali e locali, diverse realtà dell'associazionismo italiano, diversi sindacati e diversi partiti. A favore della libertà d'informazione e di stampa in Italia, oltre alle iniziative di sabato 3 ottobre, da alcune settimane il quotidiano Repubblica sta raccogliendo delle firme intorno a un appello lanciato dai 3 giuristi Franco Cordero, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky. A oggi sono 445.000 le firme raccolte da tutto il mondo.

giovedì 24 settembre 2009

Fortress Europe, l'osservatorio sulle vittime dell'immigrazione

Dal 1988 documenta e informa su tutte le vittime dei movimenti migratori delle persone che cercano di entrare in Europa in cerca di una vita più dignitosa. Si chiama Fortress Europe ed è un'osservatorio che da più di 20 anni porta avanti una rassegna stampa sulle vittime della frontiera, per farne memoria, dato che spesso di queste vittime nessuno sa niente, perché gli organi più importanti d'informazione non ne riportano alcuna notizia. Dal 1988 a oggi Fortress Europe ha cosi documentato 14.803 morti, tra cui 6.417 dispersi. Sono persone morte o disperse lungo i confini dell'Europa, a causa di naufragi, di incidenti stradali, di fame nel deserto come sulle nevi di un valico di montagna, di esplosione di mine in campi minati in Grecia, o di violenze e spari di polizie e eserciti, come nel caso di Turchia e Libia. Cosi Fortress Europe ci informa che nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico verso le Canarie sono annegate 10.817 persone, di cui la metà non sono state mai recuperate, che nel Canale di Sicilia ci sono state 4.176 vittime, tra cui 3.056 dispersi, che lungo le rotte che portano dai paesi africani alla Spagna sono morti 4.446 persone, di cui 2.253 dispersi, che nell'Egeo, tra la Turchia e la Grecia, ma anche dall'Egitto alla Grecia, hanno perso la vita 1.315 migranti, tra i quali si contano 823 dispersi, che nel Mar Adriatico, tra l'Albania, il Montenegro e l'Italia, negli anni passati sono morte 603 persone, delle quali 220 sono disperse, e che almeno 624 migranti sono annegati sulle rotte per l'isola francese di Mayotte, nell'oceano Indiano. A questa pagina è possibile leggere la documentazione completa su questo tragico elenco. Fortress Europe offre cosi a tutti i cittadini europei che tengono al rispetto dei diritti inalienabili delle persone, uno sguardo attento e completo sul fenomeno dell'immigrazione per conoscere i fatti reali che avvengono ai confini del nostro continete, al di là delle dichiarazioni più o meno false di governi e mass media. E' una realtà che sensibilizza tutti gli europei sul dramma degli immigrati per spingere a trattare il fenomeno dell'immigrazione partendo dal rispetto dei diritti degli immigrati. Per chi volesse consultare tutti i documenti, le inchieste e le iniziative di Fortress Europe, questo è il loro sito.

giovedì 17 settembre 2009

Un audio-documentario sulla trattamento degli emigranti in Libia

Roman Herzog, un autore documentarista che lavora per le radio pubbliche tedesche, austriache e svizzere, oltre che per progetti indipendenti, è andato in Libia a vedere come vengono trattati gli emigranti, in gran parte eritrei, che sono scappati dal loro paese per raggiungere l'Italia e l'Europa in cerca di un futuro migliore, ma si potrebbe dire anche semplicemente alla ricerca di un futuro, dato che nel loro paese spesso il futuro è un'orizzonte temporale quasi assente. Herzog ha visitato i campi di detenzione e le carceri libiche dove sono trattenuti gli emigranti, ha intervistato i militari libici che governano questi campi e queste carceri, ha seguito le autorità libiche nella loro attività ed ha raccolto le testimonianze drammatiche dei rifugiati internati, che raccontano la loro fuga, le torture nelle carceri libiche e le violenze della vita quotidiana a Tripoli. Ha registrato 70 minuti di audio, dove si raccontano la brutalità e la ferocia della violazione continua dei diritti umani nei confronti degli emigranti da parte delle autorità libiche, ma nello stesso tempo i tentativi di opposizione politica al regime. L'audio-documentario verrà presentato a Roma il prossimo 24 settembre. A questa pagina è possibile raccogliere ulteriori informazioni sul lavoro di Herzog e sulla sua presentazione di Roma, mettersi in contatto con l'autore, e ascoltare un estratto di 5 minuti dell'audio-documentario, in cui si sente la drammatica testimonianza degli Eritrei che, piuttosto che tornare nel loro paese, si dicono disposti a morire, che lamentano le condizioni disumane in cui sono tenuti nel carcere libico in cui si trovano, e che rivendicano il loro diritto a chiedere asilo politico.

giovedì 10 settembre 2009

Salvador Allende, un uomo da ricordare

Domani, 11 settembre 2009, ricorre il 36° anniversario della morte di Salvador Allende, il Presidente del Cile suicidatosi l'11 settembre 1973 nel palazzo presidenziale cileno, il Palacio de La Moneda, durante il golpe militare volto a porre fine al governo della coalizione della Unidad Popolar, di cui Allende era leader. Salvador Allende è un uomo da ricordare in quanto è stato un uomo politico che ha cercato di incarnare l'idea di una politica che cerca concretamente di migliorare le condizioni di vita delle persone più povere, attraverso l'impegno costante e paziente, il rispetto della legalità e della libertà, e l'esempio personale. La statalizzazione di grandi imprese private e delle miniere di rame, e la riforma agraria per ridare la terra ai campesiños e ai contadini cileni più poveri, furono fatti concreti per promuovere una distribuzione più equa della ricchezza del paese. Egli fu l'esempio di come sia possibile essere, allo stesso tempo, rivoluzionario e democratico, e sempre rinunciò all'idea della lotta violenta per attuare le riforme sociali che aveva in mente, diversamente da altri leaders storici dell'America Latina. Ha dimostrato di essere un uomo lungimirante e profondo conoscitore dei meccanismi economici che nel mondo provocavano disuguaglianza, quando già nel 1972, nel suo discorso all'ONU, denunciò lo strapotere pericoloso delle multinazionali. Per chi volesse approfondire la conoscenza di Salvador Allende, si consiglia la visione del documentario intitolato proprio Salvador Allende, di Patricio Guzmán, mentre questi sono i video dell'intervista che Salvador Allende diede a Rossellini. Questo invece è l'ultimo discorso che Allende fece, poche ore prima di morire, a golpe in corso. Salvador Allende, un uomo da ricordare e da studiare.

giovedì 3 settembre 2009

Necessario più controllo sugli aiuti umanitari e sulle ong?

Da Dakar, dove partecipa a una conferenza sull'antropologia dell'aiuto umanitario allo sviluppo, il ricercatore francese Laurent Vidal, fa riflettere sul rischio che talvolta si corre che le iniziative di aiuto umanitario portate avanti dalle ONG (Organizzazioni Non Governative) si trasformino in iniziative commerciali con l'unico fine del lucro personale dei promotori. E' dal 2007 che Vidal sta lavorando a una ricerca sul tema dell'"antropologia dell’aiuto umanitario e dello sviluppo”, sulle sue dinamiche e sui suoi effetti sulle comunità destinatarie delle azioni di aiuto. In quell'anno purtroppo una ONG francese, l'Arca di Zoe, fu coinvolta in uno scandalo di adozioni illegali di bambini del Ciad. E dopo 2 anni di ricerca, Laurent Vidal è arrivato alla conclusione che probabilmente occorre moralizzare e controllare tutte le realtà protagoniste di aiuti umanitari, in quanto vi sono alcune ONG che sono tali solo di facciata, mentre in realtà hanno solo interessi di lucro. Del resto, sottolinea Vidal, quello degli aiuti umanitari può essere percepito come un mercato in via di espansione, dove alcuni facoltosi del Nord del mondo si possono inserire per fare affari grazie alla complicità di intermediari del posto che vogliono arricchirsi; il tutto sotto la facciata dell'aiuto umanitario. L'appello di Vidal si propone quindi come invito a controllare che i soldi che vengono mandati nei paesi in via di sviluppo dai paesi più ricchi arrivino veramente alle persone che più ne hanno bisogno.

giovedì 27 agosto 2009

Migliaia di congolesi ripuliscono Kinshasa dai sacchetti di plastica

Ogni cittadino di Kinshasa che raccoglie e consegna un chilo di plastica riceve un quarto di dollaro, e contribuisce a ripulire la propria città dai sacchetti di plastica. Questo è stato l'invito lanciato nel maggio scorso dal Partito ecologista congolese (Peco) ai cittadini del proprio paese per far fronte al problema, che sta diventando ormai emergenza, della presenza eccessiva di plastica per le strade di Kinshasa e dintorni. Hanno risposto sì in più di 200.000 e sono stati raccolti dalle strade della città congolese quasi 15 tonnellate di sacchetti di plastica non biodegradabili. Un piccolo grande gesto che potrebbe portare a una svolta nelle politiche per il rispetto dell'ambiente da parte del governo congolese. Il Peco infatti, forte del successo dell'iniziativa, ha sollecitato al governo azioni durature e incisive per risolvere in maniera definitiva il problema dell'inquinamento da plastica per le strade di Kinshasa. Una città da 10 milioni di abitanti che un tempo veniva chiamata Kin-la-belle, Kinshasa la bella, e che invece oggi viene chiamata Kin-la-poubelle, Kinshasa la pattumiera. Il problema di questa città è che intorno al centro politico e commerciale essa è cresciuta come un'ininterrotta serie di villaggi, privi di infrastrutture e servizi, dove si ammassano ogni giorno 250 tonnellate di rifiuti solidi urbani: un quantitativo ridicolo se confrontato con quelli occidentali, ma un problema enorme in mancanza di strutture di smaltimento e riciclaggio. Dal Congo, un paese dove 58 milioni di abitanti vivono sotto la soglia della povertà e i pochi fortunati che hanno un lavoro stabile guadagnano meno di due euro al giorno, e da una città, Kinshasa, dove l'aspettativa di vita, in discesa costante da mezzo secolo, è di soli 44 anni e il rischio di morire per carenze sanitarie è cinquecento volte più alto che in Europa, arriva un'interessante idea ed un interessante esempio di impegno civile.

giovedì 6 agosto 2009

Una pedalata contro le armi nucleari, ricordando Hiroshima e Nagasaki

Nei giorni in cui si ricordano le immani tragedie di Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto) avvenute 64 anni fa, i Beati i costruttori di pace hanno organizzato una pedalata per manifestare in favore della messa al bando delle armi nucleari. Le pedalate, che partiranno da Ghedi (Brescia), uniranno i comuni interessati dalla presenza di basi militari ai comuni aderenti al progetto Mayors for Peace (la Conferenza dei sindaci delle città del mondo impegnate ad abolire le armi nucleari) e a quelle realtà locali che da anni si impegnano per la pace e la nonviolenza, contro la guerra e la militarizzazione. La pedalata, intitolata "Pace in bici - Pedaliamo insieme per un futuro senza atomiche", sarà lunga 250 km e sarà suddivisa in quattro tappe giornaliere, con partenza il 6 agosto, anniversario del bombardamento atomico su Hiroshima, e arrivo il 9 agosto, anniversario del bombardamento atomico su Nagasaki. L'arrivo è previsto davanti alla base americana di Aviano (Pordenone), dove verrà consegnata una lettera indirizzata al presidente Barack Obama. Lungo il percorso sarà distribuito anche un messaggio inviato per l’occasione dal sindaco di Hiroshima.

giovedì 30 luglio 2009

Niente più aiuti internazionali allo sviluppo per un vero sviluppo dell'Africa?

Nel suo saggio "Dead aid: why aid is not working and how there is a better way for Africa" ("Aiuto morto: perché l’aiuto non funziona, una migliore soluzione possibile per l’Africa"), l'economista Dambisa Moyo, nata e cresciuta in Zambia, e che ha studiato ad Oxford e Harvard prima di lavorare in World Bank, Goldman Sachs, Lundin Petroleum e SAB Miller, argomenta la sua tesi: l'aiuto allo sviluppo dato dai paesi più ricchi ai paesi africani cosi come è articolato oggi non funziona, e, anzi, ha contribuito ad aumentare la povertà in molti stati africani. Prendendo in esame i dati economici degli ultimi 50 anni, Dambisa Moyo dimostra come i paesi africani abbiano ricevuto, in mezzo secolo, più di 1.000 miliardi di dollari di aiuti (una cifra che oggi rappresenterebbe il 15% circa del Pil dell'Africa), e il loro livello di povertà non è diminuito. Anzi, nel periodo di maggior aiuto estero, tra il 1970 e il 1998, la povertà in Africa è aumentata dall'11% al 66%. Gli aiuti cosi come sono organizzati oggi, secondo l'economista di origine zambiana, non solo non contribuiscono a diminuire la povertà degli africani, ma alimentano dinamiche negative che danneggiano il popolo dell'Africa, in quanto spezzano sul nascere ogni slancio o idea di riforma, reprimono la capacità degli africani di creare ricchezza nazionale e esportarla, promuovono la corruzione, le guerre e il mantenimento di regimi non democratici, e creano una sorta di dipendenza sempre crescente dagli aiuti che vengono dall'estero, rendendo sempre più difficile il poterne fare a meno. Secondo la Moyo una nuova strada per un vero sviluppo dell'Africa va cercata in una maggiore apertura dell'Africa al commercio mondiale, nella fine delle sovvenzioni americane e europee ai loro produttori, e in una costruzione di situazioni politiche e giuridiche più stabili e più democratiche nei vari paesi dell'Africa. Per chi volesse avere ulteriori informazioni su Dambisa Moyo, sul suo libro e le sue idee, questo è il suo sito personale.

giovedì 23 luglio 2009

I Tolupan chiedono alle autorità dell'Honduras il rispetto dei loro diritti

Nuova importante iniziativa dei Tolupan dell'Honduras nel cammino di lotta nonviolenta per il rispetto dei loro diritti. Il mese scorso è stata infatti inviata una lettera di denuncia alle autorità politiche dell'Honduras. In questa lettera vengono segnalate le ripetute violazioni dei diritti umani del popolo Tolupan Xicaque, e vengono ricordate le sofferenze che ha dovuto subire Maria Magdalena Perez Vieda, leader in esilio del movimento di difesa dei diritti dei Tolupan, che ha già perso 10 familiari, assassinati per intimidare lei e tutto il suo popolo, e che ha visto parenti picchiati o minacciati. Nella lettera altresì viene ribadito che a Maria Magdalena lo Stato italiano ha riconosciuto lo status di rifugiato politico dopo aver constatato che le sue denunce erano tutte vere. Tre le richieste del popolo Tolupan alle autorità dell'Honduras: ricercare, perseguire e processare coloro che si sono resi responsabili di atti di violenza contro persone della comunità dei Tolupan Xicaque, proteggere tutti i familiari di Maria Magdalena Perez Vieda, e attivarsi per trovare una soluzione pacifica che permetta al popolo Tolupan di vivere e lavorare nella propria terra in pace e con dignità, senza più dover essere soggetto a continue violenze e minacce. E' possibile sottoscrivere questo appello dei Tolupan mandando un'email a d.daniel@freeinternet.it, specificando il proprio nome, il proprio cognome e propria città. Per chi volesse sostenere anche economicamente la lotta del popolo Tolupan, è possibile mettersi in contatto con l'associazione Granello di Senape, che collabora con il Comitato di solidarietà con il popolo Tolupan.

giovedì 16 luglio 2009

Quale futuro per i Sahrawi e per il Sahara occidentale?

I Sahrawi, che letteralmente significa "gente del deserto", sono un popolo che discende da schiavi africani, beduini arabi e berberi del Sanhanja. Con una tradizione da nomadi, i Sahrawi per secoli sono stati gli abitanti di quella regione africana chiamata Sahara Occidentale, una terra occupata nel secolo scorso dai colonizzatori spagnoli, e successivamente, dopo la partenza degli spagnoli nel 1975, passata sotto l'autorità del Regno di Marocco. Purtroppo, il passaggio della regione dall'autorità spagnola a quella marocchina provocò l'esodo di centinaia di migliaia di Sahrawi, costretti dall'esercito marocchino ad andare a vivere in esilio in campi profughi in una striscia di deserto appena fuori dal Sahara Occidentale, in Algeria. Sebbene vi siano Sahwari che oggi vivono ancora nel Sahara Occidentale, o che sono emigrati definitivamente in altri paesi come Algeria, Mauritania e altri ancora, più di 200.000 Sahrawi vivono da più di 30 anni nei campi profughi algerini e non possono fare ritorno nella loro terra perché respinti dall'esercito marocchino e da un muro lungo quasi due volte l'Italia fatto costruire per impedire il loro ritorno al confine tra Algeria e Sahara Occidentale. Nei campi profughi le condizioni di vita sono precarie, tra malnutrizione, carenza di strutture sanitarie adeguate e impossibilità di impostare attività economiche che possano garantire ai Sahrawi un futuro di autonomia e di dignità. Nel 1976 questo popolo si costituì in Repubblica Araba Sahariana Democratica (R.A.S.D.) per rivendicare il proprio diritto a ritornare in possesso della loro terra originaria, il Sahara Occidentale appunto, ma fino a oggi non ci sono ancora riusciti. Dopo anni di scontri armati tra l'esercito marocchino e il Polisario, il fronte militare del popolo Sahrawi, nel 1991 s'è arrivati a un cessate il fuoco che ha posto fine agli scontri armati, ma che non ha ancora portato a un riconoscimento dei diritti dei Sahrawi. Da allora essi cercano attraverso vie politiche e diplomatiche di farsi riconoscere dalla comunità internazionale il proprio diritto all'autodeterminazione e chiedono al governo marocchino un referendum per ottenere l'indipendenza del Sahara Occidentale e fare cosi ritorno alla loro terra originaria, ma il governo marocchino fino ad oggi ha negato l'indipendenza, anche se, almeno a parole, sembra disponibile a trattare una forma di autonomia. Ricchi giacimenti di fosfati, ma anche di altre materie prime importanti, sono uno degli elementi più importanti che spiegano la volontà del governo marocchino di continuare a mantenere un certo controllo su questa regione. Anche in questi giorni, a Vienna, dovrebbero tenersi dei colloqui informali tra i rappresentanti della R.A.S.D. e alcuni esponenti del governo marocchino, nella speranza che si possa presto arrivare a una conclusione pacifica e condivisa di questa contesa storica. Tra l'altro sia in Italia che in altri paesi, ogni anno vengono accolti alcuni bambini sahrawi per alcuni giorni, un modo per assicurare a questi bambini, almeno una volta all'anno, un'alimentazione sana e corretta, visite mediche adeguate, e per educarli a conoscere il mondo che sta fuori ai campi profughi, un modo per diventare sempre più consapevoli dei loro diritti. Inoltre annualmente, decine di volontari, anche italiani, organizzano delle attività formative e ricreative, soprattutto per i bambini, nei campi profughi. Tutte queste attività a favore del popolo Sahrawi sono anche frutto del fatto che l'educazione è al centro della cultura del popolo Sahrawi, che, più che aiuti materiali che rischiano talvolta di essere assistenzialistici, vorrebbe garantire a se stesso, e soprattutto ai suoi bambini, salute e formazione, per potersi costruire in autonomia e con le sue forze un futuro migliore. Per avere ulteriori informazioni sul popolo Sahrawi e sul Sahara Occidentale, è possibile visitare il sito dell'ASVDH (Sahwari Association of Victims of grave Human Right Violations), il sito Spsrasd.info, del Sahara Press Service, il sito della nuova TV della R.A.S.D., il sito Sahrawi.org, dell'Associazione El Ouali per la Libertà del Sahara Occidentale, e il sito Sahrawi.it.

giovedì 9 luglio 2009

A Kindu arriva anche l'acqua

Da anni a Kindu, il capoluogo della provincia del Maniema, nella Repubblica Democratica del Congo, la Diocesi della città, aiutata dalla Caritas Ambrosiana, porta avanti progetti per la promozione sociale ed economica della popolazione del posto. L'ultima bella notizia che viene da Kindu è l'avvenuta realizzazione di 2 pozzi, cui seguirà la costruzione di altri 16 pozzi, per far arrivare l'acqua ai due centri di salute di Omata e di Shoko, ai residenti del posto, che potranno bere acqua potabile e utilizzare la restante acqua a casa loro per usi alimentari e domestici, ad alcuni campi da irrigare, i cui prodotti verranno destinati ad alcuni malati poveri della zona che non sono assistiti dai famigliari e che fanno fatica a trovare di che nutrirsi. A rendere possibile il progetto l'aiuto del geologo David Hosking John, che ha individuato i luoghi più adatti dove scavare per realizzare i pozzi ed ha contribuito a formare il personale della zona che poi ha lavorato concretamente alla realizzazione del progetto. Il progetto, che vedrà il proprio definitivo compimento nei prossimi mesi, ha visto la partecipazione entusiastica della gente del posto, e l'impegno volontario di alcuni abitanti della zona per favorire la realizzazione delle opere previste dal progetto.

giovedì 2 luglio 2009

Acqua potabile per i bambini dell'asilo di Cono Sur, in Perù

Cono Sur è una delle tante città satelliti della più grande città di Huacho, in Perù. A Cono Sur il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e fa fatica ad avere alimentazione adeguata, case, assistenza sanitaria e istruzione. In questa città vivono anche i 163 bambini dai 2 ai 5 anni che frequentano l'asilo parrocchiale Jesùs Divino Maestro. L'asilo inizialmente non aveva l'acqua potabile, che era costretto a prendere in una delle tante cisterne in metallo o mattoni sparse per la città dove la gente va a prendere quell'acqua potabile che gli arriva a casa. Qualcosa per i bambini della scuola dovrebbe migliorare con il progetto portato avanti dal governo locale, che prevede entro un anno di fornire l'asilo di acqua potabile, ma solo per due ore al giorno. Allora l'asilo di Cono Sur, per cercare di garantire l'acqua per tutto il giorno, ha pensato di portare avanti un proprio progetto, appoggiato dalla Caritas, per dotare la struttura di una cisterna di 1.600 litri. Chi volesse conoscere ulteriori dettagli dell'iniziativa o dare un proprio contributo economico, è possibile visitare questa pagina del sito della Caritas.

giovedì 25 giugno 2009

Radio Erena, una radio indipendente per gli Eritrei

E' nata Radio Erena, una radio fondata da giornalisti eritrei esuli a Parigi, che trasmette dalla capitale francese in Eritrea grazie al satellite in lingua tigrinya, in modo da essere compresa dagli eritrei che vivono nel loro paese. E' l'unica radio eritrea libera e indipendente, che può permettersi quello che purtroppo è un lusso in Eritrea, dare informazione libera senza essere condizionati da alcun organismo politico. E' dal 2001 infatti che in Eritrea non esiste più informazione libera. In quell'anno infatti, il presidente Issaias Afeworki fece chiudere i media indipendenti del paese e iniziò arresti a tappeto contro tutti i giornalisti che volevano continuare a svolgere liberamente il loro mestiere. Da allora nel paese funzionano solo i media di stato: Eri-TV, Radio Dimtsi Hafash e Hadas Eritrea, che sono controllati dal governo di Asmara. Negli ultimi 2 anni, l'Eritrea ha occupato l'ultimo posto nella classifica di Reporters sans frontières sulla libertà di stampa, e si pone a un livello simile a quello di Birmania, Turkmenistan e Corea del Nord. E proprio Reporters sans frontières ha appoggiato il progetto di Radio Erena, essendo questo l'unico modo per far arrivare agli eritrei un'informazione non censurata e diversa da quella imposta loro dal regime, e per mantenere un contatto prezioso con il mondo esterno. Radio Erena trasmette news, programmi culturali, musica e intrattenimento, e porterà avanti dall'estero la sua battaglia per riportare la libertà di informazione in Eritrea e per riportare alla libertà quei giornalisti che in questi anni sono stati incarcerati e spesso non si sa neanche in quale prigione. A questo propostio sul sito di Reporters sans frontières è possibile firmare una petizione per chiedere il rilascio dei giornalisti eritrei incarcerati. Radio Erena è trasmessa sul satellite Arabsat’s Badr-6 e gli eritrei possono sintonizzarsi su di essa alla frequenza 11,785 Mhz con polarizzazione verticale (SR 27500, FEC 3/4). I giornalisti di Radio Erena hanno annunciato che presto saranno anche sul web, per facilitare ulteriormente l'ascolto agli eritrei che vivono in Eritrea e a quelli che sono emigrati in diverse parti del mondo.

giovedì 18 giugno 2009

Il Fatto Quotidiano, il nuovo quotidiano indipendente che nascerà a settembre

Dovrebbe uscire a settembre nelle edicole, ma è già partita la campagna abbonamenti. E' il nuovo giornale quotidiano il Fatto Quotidiano, che si propone di essere un nuovo giornale indipendente che punta al racconto dei fatti, soprattutto quelli taciuti dagli altri giornali e dai media più seguiti dagli italiani. Il Fatto Quotidiano nascerà grazie a un gruppo di soci, tra cui anche alcuni giornalisti che scriveranno per il nuovo quotidiano, che investiranno una quota uguale nella società che finanzierà il giornale. Il Fatto Quotidiano promette di non chiedere finanziamenti pubblici e di conservare anche in questo modo la massima indipendenza non solo nei confronti della politica, del potere politico e dei partiti, ma anche nei confronti degli altri poteri forti dello stato, tra cui per esempio le banche. Pertanto il giornale nascerà e rimarrà in vita solo se avrà tanti lettori che vogliono comprarlo. Una bella iniziativa di vero libero mercato. Tra i giornalisti fondatore del nuovo quotidiano anche Marco Travaglio e Antonio Padellaro. Leggendo il nome del giornale viene spontaneo il riferimento all'omonima trasmissione di Enzo Biagi, un giornalista che raccontò molto i fatti, che restò ad essi vincolato e che cercò sempre di raccontare la loro verità in modo semplice, diretto e indipendente, cosa per cui pagò anche di persona. Il Fatto Quotidiano sarà un giornale sia su carta che su web, nelle edicole si troverà 6 giorni alla settimana, non il lunedi, e sarà costituito da 16 pagine tutte a colori. Sul sito di lancio del nuovo quotidiano, www.antefatto.it, è possibile abbonarsi al giornale o diventare soci fondatori.

giovedì 11 giugno 2009

Come un uomo sulla terra, un documentario da vedere sui drammi dell'immigrazione

Si chiama Come un uomo sulla terra e racconta i drammi di uomini e donne d'Africa in fuga dal loro paese alla ricerca di un futuro migliore. E' un documentario da vedere, perché ci racconta le sofferenze drammatiche e atroci che devono subire i migranti che dall'Africa partono per viaggi-calvario alla ricerca di un paese dove poter vivere in pace una vita dignitosa. Nel film uomini e donne etiopi raccontanto i loro viaggi durati settimane, mesi o anni, le violenze che sono stati costretti a subire, il loro diventare durante il viaggio veri e propri schiavi, venduti e rivenduti da trafficanti e poliziotti libici, le loro incarcercazioni senza capi d'accusa, il loro dover continuare a pagare per non subire altre violenze. Nel documentario si smaschera la complicità del governo libico al traffico di esseri umani che lucra sulla sofferenza dei migranti e l'ipocrisia, o addirittura la complicità, della politica del governo italiano, che respingendo i migranti che arrivano per mare, li ricaccia semplicemente in un inferno da cui ogni essere umano ha il diritto di uscire per sempre, una volta per tutte. Tanti italiani hanno già capito la portata di questo film documentario e spontaneamente stanno organizzando visioni del film nelle proprie città. Per raccogliere informazioni sul documentario e per vedere le proiezioni nella propria città, è possibile visitare il blog del film, dove migliaia di italiani si stanno mobilitando per dire il proprio no alla politica dei respingimenti e per chiedere al governo italiano, al governo libico, all'Europa e all'ONU di fermare la crudele violazione dei diritti umani che avviene regolarmente sulle rotte africane dell'immigrazione.

giovedì 4 giugno 2009

La marcia mondiale per la pace e la nonviolenza

Sarà una voce alta e corale che si alzerà da tutto il mondo e che chiederà pace e nonviolenza contro ogni forma di violenza e di ingiustizia. E' la Marcia mondiale per la pace e la nonviolenza, che avrà inizio il 2 ottobre 2009, anniversario della nascita di Gandhi e giorno dichiarato dall'ONU "Giornata Mondiale della Nonviolenza", e si concluderà il 2 gennaio 2010 a Punta de Vacas, in Argentina. Organizzata da diverse associazioni e da tante persone che hanno a cuore la pace e la nonviolenza, la marcia attraversà un centinaio di paesi in un percorso lungo 160.000 km, che un centinaio di persone percorrerranno nella sua interezza, e coinvolgerà, attraverso innumerevoli eventi e iniziative locali, milioni di persone. In Italia la marcia arriverà dal 7 al 12 novembre 2009 e in diverse città italiani vi sono comitati che stanno organizzando iniziative di ogni tipo per sensibilizzare gli italiani. Primo obiettivo dei promotori della marcia è quello di sensibilizzare tutte le coscienze di tutti gli abitanti del pianeta alla convinzione profonda che solo una cultura della nonviolenza che cerchi di porre fine ad ogni forma di violenza può portare alla pace. La violenza da cui la marcia invita ad allontanarsi non è solo la violenza fisica e la sua forma collettiva più vistosa, la guerra, ma è anche quella che prende forma nella povertà, nello sfruttamento, nella discriminazione, nelle restrizioni delle libertà personali, nella negazione dei diritti umani. La marcia quindi proporrà la nonviolenza come comportamento quotidiano, come valore universale e come impegno personale per il cambiamento della società. Ma la marcia si propone anche obiettivi concreti. Di questi uno dei più importanti è quello del disarmo nucleare. Nel mondo attualmene di armi nucleari ce ne sono attive ancora 20.168, di cui circa il 90% in mano di USA e Russia, una potenza nucleare che, se esplosa tutta insieme, farebbe esplodere tutto il pianeta almeno venti volte. La marcia chiederà inoltre la progressiva riduzione degli armamenti e delle spese militari, il ritiro delle truppe d'invasione dai territori occupati e la rinuncia dei governi ad utilizzare la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti. Sul sito www.marciamondiale.org è possibile vedere tutto il programma della marcia e trovare materiale e informazioni sull'iniziativa e sul tema della pace e della nonviolenza nel mondo.

giovedì 28 maggio 2009

Quando gli immigrati aiutano gli italiani, in Italia

Durante la scorsa quaresima Don Giancarlo Quadri, responsabile della pastorale dei migranti di Milano, ha appeso nella Chiesa di Santo Stefano di Milano un volantino che spiegava che cos'è il Fondo famiglia-lavoro voluto dal Cardinale di Milano Tettamanzi per aiutare le persone colpite più duramente dalla crisi economica. Nel giro di poche settimana sono arrivati migliaia di euro da destinare al fondo, tutti generosamente donati da immigrati. Peruviani, filippini, ucraini, africani e tanti altri stranieri ancora che si sono dati da fare per raccogliere soldi per dare il loro contributo a questa iniziativa di solidarietà lanciata dalla Chiesa di Milano. Hanno organizzato raccolte di soldi, pranzi di beneficenza e altre iniziative ancora in cui il ricavato veniva devoluto interamente al fondo. Ma vi sono stati anche gesti singoli di persone che hanno portato personalmente a Don Giancarlo qualche soldo per il fondo. E il fiume di solidarietà degli stranieri che vivono a Milano ha continuato a scorrere anche dopo il terremoto in Abruzzo, quando essi si sono attivate per dare qualcosa per le persone colpite dal terremoto. Insomma, persone per lo più non ricche, che magari hanno sperimentato su di sé la becera intolleranza e la discriminazione di alcuni italiani, non reagiscono con la chiusura e l'odio, ma porgono l'altra guancia, una guancia piena di solidarietà.

giovedì 21 maggio 2009

Niente tv per una settimana

Si chiama Tv Turnoff Week ed è l'iniziativa inglese che invita tutti i cittadini a tenere spenta la televisione per una settimana. Quest'anno s'è tenuta a fine aprile e se ne terrà un'altra a settembre, e l'idea, che ha avuto appunto origine in Inghilterra 13 anni fa grazie a un signore che si chiama David Burke, in realtà è stata ripresa anche da altri paesi. L'iniziativa quest'anno è stata pubblicizzata con migliaia di manifesti affissi in molte città inglesi con su scritto lo slogan "Get out of the box". L'obiettivo dell'iniziativa è quello di impedire che la televisione si sostituisca ai rapporti umani, e di rendere consapevoli che noi, più che di programma, abbiamo bisogno di relazioni personali, fatti non di un video e di una voce, ma di abbracci, parole dal vivo, sguardi, volti. L'anno scorso negli Stati Uniti sono stati ben 5 milioni gli americani che hanno deciso di tenere la tv spenta. Un'iniziativa lodevole, anche per cercare di diminuire e di limitare il potere della tv di influenzare, spesso in modo negativo, falso e distorto, le nostre idee e le nostre opinioni sugli altri e sul mondo esterno. Per conoscere noi e quelli che ci circondano, forse il modo migliore è ancora quello di parlare con noi stessi e con gli altri e di condividere con entrambi del tempo, magari prendendolo da quello in cui solitamente stiamo un po' inebetiti davanti a uno schermo. (fonte PeaceReporter)

giovedì 14 maggio 2009

Piazze di maggio per un futuro di pace a Rondine

E' in corso nel borgo di Rondine, in provincia di Arezzo, un'interessante settimana di incontri, dibattiti e manifestazioni musicali organizzata dall'associazione Cittadella della Pace e dalla Fondazione Rondine per promuovere una riflessione comuni tra giovani e adulti per pensare il futuro e per promuovere in esso una civiltà della pace. La settimana, che si protrarrà fino al 19 maggio, ha come titolo Piazze di Maggio-Irrompere nel futuro, e prevede la presenza, tra gli altri, del Vescovo di Montepulciano, Monsignor Rodolfo Cetoloni, del principe El Hassan bin Talal di Giordania e dello storico Franco Cardini. In programma anche 2 concerti, nelle serate del 15 e 18 maggio, uno nel borgo di Rondine e l'altro nel vicino Santuario della Verna, con i quali si vuole lanciare anche attraverso la musica il messaggio di pace che è al centro di questa iniziativa. In essi si esibiranno la cantante israeliana di origine yemenita Noa, l’arabo-israeliana di origine palestinese Mira Awad e il musicista italiano Nicola Piovani, oltre agli artisti Stefano Bollani e Davide Riondino. Si tratta di una delle tante testimonianze di pace di cui si fanno promotori i giovani di Riondine, dove studenti provenienti da paesi in conflitto dei Balcani, del Caucaso, del Medio Oriente e dell’Africa vivono insieme un'esperienza di convivenza, di formazione e di studio. Questi giovani, una volta completata il loro ciclo di studi, ritornano nel loro paese di origine per testimoniare, attraverso il loro impegno professionale e civile, la possibilità concreta di una pacifica convivenza.

giovedì 7 maggio 2009

Parents Circle, i familiari delle vittime israeliane e palestinesi insieme per la pace

Sono israeliani e palestinesi che sono stati colpiti da una stessa tragedia: la perdita di uno o più familiari a causa del conflitto che insanguina da decenni la Terra Santa. Loro avrebbero si una ragione in più per odiarsi e per combattersi, con l'intento di vendicare il parente ucciso. E invece queste persone si uniscono, si incontrano, si aiutano, si parlano e danno un preziosissimo contributo alla pace tra israeliani e palestinesi. Perché testimoniano la possibilità della pace, anche quando essa sembra più improponibile. Ed è la testimonianza concreta che poi contribuisce a costruire, passo dopo passe, la pace. Queste famiglie si sono unite in un Family Forum, chiamato Partents Circle e costituito nel 1995, che si propone di lavorare per una piena riconciliazione tra israeliani e palestinesi. Le famiglie di Parents Circle lavorano insieme per prevenire altre tragedie come quelle che hanno vissuto loro, esercitano pressione su politici e opinione pubblica perché si facciano scelte concrete di pace e non di guerra, organizzano azioni educative per la riconciliazione tra i due popoli e si aiutano a vicenda in caso di necessità. Per conoscere meglio i protagonisti di questa testimonianza di pace e le attività da loro svolte, è possibile visitare il sito dell'associazione.

venerdì 1 maggio 2009

Danilo Dolci, ritratto di un uomo che credeva nell'uomo

Danilo Dolci è una di quelle figure che nobilitano la storia di un paese. Questo uomo, nato nel 1924 a Sesana, ha dispiegato la sua vita in un continuo slancio creativo che aveva come frutti pace, promozione dei diritti umani, cultura, e aumento del livello di dignità delle persone. Arrestato nel 1943 dai nazifascisti per la sua avversità al regime, Danilo Dolci, alla fine delle drammatiche esperienze della dittatura e della guerra, decide di andare a vivere a Nomadelfia, nella comunità di Fossoli fondata da don Zeno. Dopo due anni parte alla volta della Sicilia dove inizia la sua opera di pace e di promozione dello sviluppo sociale ed economico a favore della povera popolazione della zona in cui decide di vivere, quella di Trappeto e di Partinico. Qui si pone di fianco alla povera gente e inizia a lottare per la loro dignità. Nel 1952 il suo primo digiuno sul letto di un bambino morto per la denutrizione, con cui riesce a ottenere, per la gente di Trappeto, un nuovo impianto fognario. Dopo pochi anni, guida una protesta popolare, con sciopero della fame collettivo, contro la pesca di frodo che rovina i pescatori del paese. L'impegno di Danilo è quello di rendere le persone coscienti dei propri diritti e consapevoli di poterli fare rispettare. La sua è un'opera di promozione di un'azione collettiva dal basso in cui si prendono decisioni condivise dagli abitanti del paese attraverso incontri, dibattiti e manifestazioni.Un frutto noto di questa modalità di azione sociale è la costruzione della diga sul fiume Iato, voluta e realizzata dalla cittadinanza, per favorire lo sviluppo economico di quella zona della Sicilia e per contrastare lo strapotere della mafia che attraverso il controllo dell'acqua contribuiva ad aumentare il suo potere sui cittadini. L'impegno contro la mafia è stato un altro dei punti fermi della vita di Danilo Dolci, che faceva nomi e cognomi anche di politici locali e nazionali che connivevano con la mafia. Ma Danilo Dolci non è stato solo una persona impegnata nel sociale. Poeta, autore di numerose opere, Danilo Dolci è stato anche un grande educatore che credeva nel metodo maieutico, che mirava a far progredire la conoscenza della verità e ad aumentare il livello di consapevolezza della gente attraverso il confronto, il dialogo e il coinvolgimento attivo dei destinatari della sua opera educativa. Sua è l'idea del centro educativo di Mirto, dove migliaia di bambini sono stati educati con il metodo maieutico studiato e promosso da Dolci. E negli anni '70 Danilo va in giro per scuole e associazioni per proporre questo metodo di una conoscenza che sia processo di crescita condivisa. Altro pilastro dell'azione e del pensiero di Danilo Dolci è la nonviolenza, stile che ha guidato tutte le sue azioni di protesta e di sensibilizzazione. Per questo è stato anche chiamato il Gandhi di Partinico. Per chi volesse approfondire ulteriormente la conoscenza di Danilo Dolci, questo è il sito del Centro per lo Sviluppo Creativo, fondato nel 1958 da Danilo Dolci con il nome di Centro Studi e Iniziative, e che tutt'oggi continua l'opera iniziata da Danilo, mentre su questa pagina è possibile trovare un altro ritratto di Danilo Dolci e l'elenco delle sue opere, cosi come degli scritti su di lui.

venerdì 24 aprile 2009

Un aiuto per il popolo dello Zimbabwe

In Zimbabwe oggi quasi metà della popolazione non è in grado di procurarsi autonomamente il cibo per sopravvivere e dipende dagli aiuti umanitari internazionali; dall'agosto scorso è in corso nel Paese un epidemia che ha fatto 3.000 morti e che ha coinvolto circa 60.000 persone; infrastrutture, servizi sociali e assistenza sanitaria sono gravemente compromessi; dei bambini in età scolare solo il 20% frequenta regolarmente la scuola; per molti l'acqua potabile è introvabile; la produzione economica, soprattutto quella agricola, è quasi ferma. Di fronte a questa drammatica situazione la Chiesa dello Zimbabwe ha rivolto, attraverso la Caritas Zimbabwe, un appello per un aiuto immediato. Grazie alla risposta della Caritas, tra cui Caritas italiana, si cercherà di trovare i fondi necessari per diversi interventi concreti di aiuto. Tra questi la distribuzione mensile di cibo per 164.212 persone, tra cui soprattutto donne, bambini, malati di Aids e anziani, distribuzione del pranzo in 221 scuole per 88.841 studenti, distribuzione di sementi e formazione per l'avvio di orti per 4.607 famiglie, fornitura di medicinali e cibo a 47 centri sanitari, che assistono circa 5.000 persone, distribuzione di pastiglie di cloro per purificare l'acqua a 16.071 famiglie, educazione igienico-sanitaria per la prevenzione del colera, e riabilitazione di 60 pozzi che forniranno acqua potabile a 3.000 famiglie. Per chi volesse partecipare a questa iniziativa di aiuto, è possibile trovare ulteriori informazioni sul sito della Caritas italiana.

martedì 14 aprile 2009

Le suore e le donne sole di Tabaka, in Kenya

Come accade purtroppo in tanti paesi del mondo, anche in Kenya quando una donna rimane da sola, o perché vedova, o perché vittima di violenza, o perché rifiutata dalla famiglia di origine, allora diventa un'emarginata, una persona tagliata fuori dal sistema sociale ed economico della comunità del posto, e per la quale diventa molto difficile tirare avanti. E questo è quello che accade alle single mothers di Tabaka, una cittadina a 400 km da Nairobi, dove donne rifiutate dalla famiglia di origine e vittime di violenza e disagio sociale si ritrovano a lottare da sole per cercare di continuare a vivere. In aiuto di queste donne sono intervenute alcune suore del posto che quotidianamente danno a loro un prezioso appoggio sia di carattere materiale, che di tipo psicologico e spirituale. Ultimamente le suore di Tabaka hanno deciso di acquistare e installare un piccolo mulino, che aiuterà 30 di queste donne ad avviare una microimpresa capace di generare reddito. L'attività dovrebbe dare un grosso aiuto e una speranza di futuro dignitoso non solo alle donne sole di Tabaka, ma anche ai loro bambini. Per Tabaka, cittadina del Kenya abitata da circa 40.000 persone di etnia Kisii, che vivono prevalentemente della lavorazione della pietra saponaria e di agricoltura tradizionale. e che spesso devono lottare contro la povertà, il mulino delle suore diventa un forte segnale di speranza. Il progetto è appoggiato anche dalla Caritas italiana.

giovedì 2 aprile 2009

In Vietnam progetto di riscatto sociale per le donne sole

A Long An, in Vietnam, la comunità è costituita in buona parte da contadini che vivono coltivando canna da zucchero, riso e mango. La situazione sociale in queste terre è spesso caratterizzata da povertà e da un livello di istruzione abbastanza basso. Ma una condizione di vita particolarmente disagiata viene vissuta spesso dalle donne, in particolar modo da quelle che hanno gravidanze fuori dal matrimonio o indesiderate. In tali casi, infatti, le donne sono spesso rifiutate dalle famiglie o costrette ad abortire. A favore di queste donne, una comunità di religiosi del posto, aiutati da Caritas Italiana, ha deciso di promuovere un corso di cucito, attraverso l'acquisto di 30 macchine da cucire, che ha lo scopo di permettere a queste donne di diventare più autonome, di poter magari trovare un lavoro e di riaccquistare cosi quella dignità sociale andata perduta a causa della loro particolare situazione. Quest'iniziativa dovrebbe anche permettere alle donne che si trovano da sole ad affrontare la gravidanza, di portarla avanti in caso di una loro scelta in tal senso, e di poter poi provvedere al mantenimento e alla crescita dei figli. Per chi volesse acquisire ulteriori informazioni su questo progetto, è possibile trovare riferimenti utili sul sito della Caritas Italiana.

giovedì 26 marzo 2009

In Sierra Leone si tenta di costruire una cittadinanza attiva

La Commissione Giustizia e Pace e Diritti Umani della Diocesi di Makeni in Sierra Leone sta portando avanti un progetto per contribuire a formare cittadini coscienti, attivi e impegnati per la difesa e la promozione dei diritti umani in quella zona del paese. Il progetto, chiamato appunto Costruire una cittadinanza attiva, coinvolge 53 comunità del posto con convegni, iniziative di formazione, pubblicazioni ed eventi, e si propone di monitorare, come una sorta di osservatorio, le politiche locali relative alla promozione della vita delle fasce più deboli della popolazione. L'intento è quello di fare pressione perché le persone che hanno bisogno vengano effettivamente aiutate, perché aumenti la trasparenze nelle azioni politiche intraprese e nella gestione dei soldi a disposizione, perché quindi diminuisca o venga eliminata del tutto quella corruzione che tante volta va ad arricchire chi è già ricco e lascia nella povertà e nella fame chi ha veramente bisogno. Il progetto cerca di coinvolgere tutti, sia i leader politici del posto che la società civile, per creare uno spirito di appartenenza attiva e consapevole alla comunità da parte di tutti. Il progetto viene sostenuto anche dalla Caritas Italiana, grazie alla quale si può dare un contributo anche dal nostro paese a questa iniziativa in Sierra Leone.

giovedì 19 marzo 2009

Ad Arequipa le donne cercano di uscire dalla povertà imparando a cucinare

Un forno a gas, un frullatore professionale da 20 litri e una macchina per tagliare le patate. Con questi pochi ma preziosi strumenti, acquistati grazie all'impegno della comunità religiosa di Arequipa e agli aiuti dei donatori della Caritas italiana, ad Arequipa, in Perù, è stato organizzato un corso di cucina per 96 donne. Ed è proprio grazie a questo corso che queste donne hanno potuto riqualificarsi professionalmente, sperare di uscire dal loro stato di povertà e di avere un futuro migliore con la possibilità di trovare un lavoro presso ristoranti o alberghi. Questo è il risultato di un progetto portato avanti dalla comunità locale in sinergia con la Caritas italiana, volto ad aiutare decine di famiglie a costruirsi da sè una vita futura più dignitosa. Ora le donne partecipanti al centro di formazione Mama Margarita si offriranno sul mercato di lavoro come cuoche, pronte a cucinare in qualche ristorante o in qualche albergo le specialità peruviane imparate, come la carne di alpaca, i pasticci di quinta, altri dolci tradizionali e tanto altro ancora. Con un lavoro queste donne non aiuteranno solo se stesse, ma anche le loro famiglie, che forse d'ora in poi saranno in grado di mantenere autonomamente, con un proprio lavoro.

giovedì 12 marzo 2009

A Nettuno gli studenti protagonisti nell'amministrazione del Comune

Grazie a un protocollo d'intesa firmato tra il sindaco di Nettuno e la preside dell'istituto tecnico industriale Luigi Trafelli di Nettuno, alcuni studenti tra i 15 e i 18 anni potranno diventare protagonisti nell'amministrazione della loro città. Infatti quest'accordo prevede che siano proprio gli studenti a realizzare una piattaforma informativa per il comune, a studiare sistemi di monitoraggio del traffico, della qualità dell'aria e delle aree verdi, a gestire l'anagrafe canina, e a svolgere tutti i compiti che in futuro l'amministrazione di Nettuno riterrà opportuno affidare a loro. Questa iniziativa di Nettuno mira ad avvicinare gli studendi dell'istituto Trafelli sia al mondo del lavoro sia alla gestione politica della loro città, ma non come semplici osservatori, ma come promotori attivi del miglioramento della qualità della vita della loro città. Ciò andrà sicuramente a vantaggio degli studenti, che potranno acquisire prima di tanti loro coetanei specifiche competenze professionali, adottare fin da subito un utile orientamento alla ricerca applicata e all'innovazione, e diventare fin da giovanissimi più "esperti" delle problematiche legate alla gestione politica e amministrativa di un'istituzione pubblica. In cambio il comune di Nettuno potrà avere in futuro competenze utili al proprio sviluppo e al miglioramento della qualità della vita in seno, senza doverle cercare fuori.

giovedì 5 marzo 2009

L'aiuto della Caritas ai poveri della Bolivia

In Bolivia un quarto della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, con meno di un dollaro al giorno. Molti di questi poveri vivono nelle zone andine del paese, dove coltivano piccoli appezzamenti sperando sempre che il raccolto vada bene. Nel caso in cui il raccolto vada male, molti di essi sono costretti a emigrare nelle città in cerca di lavoro. Ma spesso, una volta arrivati in città, queste persone vanno ad ingrossare le fila dei disoccupati e di coloro che vivono delle briciole dei cittadini che lavorano. Se nella regione andina la terra è frammentata e spesso poco fertile, ad est della Bolivia v'è una grande quantità di terra fertile, ma poco sfruttata perché gestita da latifondisti che la usano spesso a scopo esclusivamente speculativo. Lo Stato boliviano ha deciso allora di prendere parte di quelle terre per farne un uso socialmente utile assegnandole a famiglie povere delle zone andine del Paese. E anche la Caritas di Cochabamba ha deciso di promuovere e di sostenere questa riorganizzazione sociale dei boliviani rimasti senza terra. Attraverso il progetto Madre Tierra la Caritas del posto aiuta il Movimento dei Senza Terra boliviani (MST) promuovendo la ricollocazione di 100 famiglie povere dalle zone andine meno fertili alle terre orientali più fertili. Il progetto prevede la formazione alle famiglie coinvolte sulle nuove tecniche di coltivazione che esse dovranno acquisire nelle nuove terre, la costruzione dei nuovi villaggi dove queste famiglie si insedieranno, e lo sviluppo delle nuove attività produttive. Anche la Caritas ambrosiana ha deciso di sostenere questo progetto in Bolivia.

giovedì 26 febbraio 2009

Nutrire la mente, combattere la fame

Su questa pagina è possibile visualizzare una mappa del mondo dove la diversa colorazione dei paesi sta ad indicare la percentuale di persone sosttonutrite sul totale della popolazione. Il rosso indica che più del 35% della popolazione di quel paese è sottonutrita. Come si può vedere, in rosso sono colorati molti paesi dell'Africa e alcuni paesi dell'Asia. Questa mappa è solo uno degli strumenti didattici messi a disposizione dalle associazioni che si sono unite nell'iniziativa mondiale Nutrire la mente, combattere la fame, rivolta a scuole, associazioni e mondo giovanile per educare e sensibilizzare alla lotta per un mondo libero dalla fame. L'iniziativa è stata lanciata in occasione della Giornata Mondiale dell'Alimentazione del 2000 ed è promozza da 10 associazioni, sotto la direzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) e dal Comitato Nazionale degli Stati Uniti per la Giornata Mondiale dell'Alimentazione. Sul sito dell'iniziativa è possibile trovare dei moduli d'insegnamento sulle tematiche della fame e della malnutrizione nel mondo, uno per ognuno dei 3 livelli di scuole: elementare, intermedio e superiore. I moduli, le pagine del sito e tutto il materiale che si può reperire su di esso sono disponibili in varie lingue, tra cui arabo, cinese, francese, inglese, italiano, kiswahili e spagnolo. Sul sito v'è anche un forum dove è possibile discutere dei temi inerenti la fame nel mondo con altre persone di tutto il mondo e un Angolo Giovani, dove giovani e adolescenti possono trovare informazioni, risorse e attività da utilizzare da soli. Una bella iniziativa contro un fenomeno ancora troppo grande, se si pensa che oggi sono circa 850 milioni le persone in tutto il mondo che soffrono la fame, e sono circa 2 miliardi quelle sottonutrite.

giovedì 19 febbraio 2009

Il Fondo famiglia-lavoro della Chiesa di Milano per un aiuto concreto in tempo di crisi

Il progetto era stato annunciato nella notte di Natale dal Cardinale di Milano Tettamanzi, e ai primi di febbraio aveva già dato degli ottimi frutti. Il Fondo famiglia-lavoro è stato proposto dalla Chiesa di Milano per dare un aiuto economico concreto a chi si fosse trovato in difficoltà a causa della profonda crisi economica imperversante. Dopo un mese dall'annuncio, il Fondo aveva già raccolto più di 300 mila euro, e a oggi si sono superati i 2 milioni di euro, se si conta anche il milione di euro stanziato subito dalla Chiesa di Milano. Ma come vengono assegnati questi soldi? E' stato costituito un comitato di gestione, presieduto da Mons. Luigi Testore, che avrà una struttura amministrativa autonoma, ma che sarà comunque interno alla Chiesa di Milano. Chi farà parte di questo comitato, assicurano a Milano, non prenderà un soldo e lavorerà come volontario, a partire dai membri delle 2 associazioni coinvolte nell'iniziativa, la Caritas e le Acli. Il comitato avrà il compito di vagliare le richieste di aiuto e di assegnare i soldi alle famiglie più bisognose, dove però il concetto di famiglia pare sarà molto ampio, andando a coprire non solo gli sposati, ma anche i conviventi e i separati che hanno magari perso il posto di lavoro e che hanno figli da mantenere. Il Fondo non si vuole sostituire agli strumenti di sussidio offerti dalle istituzioni pubbliche e dalle altre iniziative della società, ma vuole essere complementare e integrativo ad esse. Molto importante per la Chiesa di Milano la valenza educativa del Fondo, perché fa riflettere sul sistema economico con cui siamo entrati nella crisi, e sulla possibilità di uno stile di vita più sobrio e solidale, e di un modo di concepire l'economia diverso. Tra l'altro l'iniziativa ha suscitato interesse anche altrove ed è stata promossa anche in altre diocesi. Per chi volesse partecipare a questa iniziativa di aiuto, su questa pagina è possibile trovare tutte le informazioni per contribuire al Fondo, mentre sul sito della Chiesa di Milano è possibile rimanere aggiornati sulle condizioni e le modalità di richiesta di sostegno per le persone in difficoltà.

giovedì 12 febbraio 2009

Dalla Toscana progetti per la pace tra israeliani e palestinesi

Dalla Toscana al Medio Oriente con un carico di speranza e di umanità. Da anni, l'assessore alla cooperazione internazionale della Toscana Massimo Toschi sta portando avanti dei progetti di aiuto in Medio Oriente, che hanno come protagonisti i bambini. Come il progetto Saving Children, con cui i bambini palestinesi possono essere curati in ospedali israeliani attrezzati molto bene. Questo progetto ha consentito, dal 2001 a oggi, di curare oltre 5.000 bambini. Inoltre, risultato non secondario, i bambini palestinesi hanno visto che ci sono adulti israelini non solo disposti, ma anche contenti di aiutarli, e gli adulti israeliani hanno potuto vedere e condividere le sofferenze dei bambini palestinesi. Tutte cose che aiutano il crescere di uno spirito di condivisione, di fratellanza e di comprensione, l'unico che può portare a una vera pace duratura. Ma Saving Children non è l'unico progetto portato avanti da Toschi. Altra iniziativa interessante è stata la vacanza organizzata in un campeggio israeliano sia per bambini palestinesi di Gaza, sia per bambini israeliani di Sderot, la cittadina israeliana vicina al confine con la Striscia di Gaza. In tutto erano 100 ragazzi dagli 11 ai 14 anni, che hanno vissuto insieme e giocato insieme. Un'altra iniziativa che, oltre ad aiutare i ragazzi ad avere uno sguardo diverso nei confronti dei coetanei che spesso sono presentati come avversari, ha lanciato anche un segnale forte di riconciliazione a tutte le famiglie che hanno visto questi bambini partire per una vacanza con i "nemici". Massimo Toschi, un uomo sulla sedia a rotelle dalla nascita, che semina pace in una terra cosi martoriata dalla violenza e dai continui scontri, esprime con la sua testimonianza come molto di quello che si crede irrealizzabile, in realtà, se ci si crede, è fattibile, anche per i ragazzi della Palestina e di Israele.