giovedì 30 settembre 2010

Survival International, per la difesa dei diritti dei popoli indigeni

Si chiama Survival International e la sua missione è quella di difendere la sopravvivenza e i diritti di tutti quei popoli indigeni che, in tante parti del mondo, dal Brasile all'India, dall'Africa alla Siberia, sono minacciati da progetti di sviluppo economico che mettono il guadagno per imprese private e governi davanti alla vita di questi popoli, considerandati spesso un disturbo e un ostacolo alla libera iniziativa economica. Survival International interviene a fianco di questi popoli attraverso tre tipologie di azioni: educativa, legale e politica. L'azione educativa e di sensibilizzazione viene rivolta a tutti i cittadini del mondo, bambini e adulti, per sensibilizzare sull'importanza di salvaguardare le minoranze etniche di tutto il mondo e di mantenere una ricchezza di civiltà e di culture in questo nostro mondo. L'azione legale mira a difendere nelle sedi più opportune i diritti fondamentali dei popoli minacciati, diritti che spesso sono, o dovrebbero essere, già tutelati dal diritto internazionale. L'azione politica consiste in campagne attive che, attraverso invio di lettere, mobilitazioni, manifestazioni e azioni di pressione politica esercitata su governi e imprese, mira a salvare le minoranze etniche nei momenti d'emergenza in cui essi sono minacciati da iniziative ravvicinate nel tempo. Per conoscere meglio la storia e le iniziative di Survival International, questo è il suo sito internazionale, mentre questa è la versione italiana.

giovedì 23 settembre 2010

Cucine solari per i paesi più poveri

In alcuni paesi dell'Africa subsahariana la frequente siccità, la crescente deforestazione e la continua desertificazione stanno rendendo ancora più difficile la lotta per la vita di milioni di persone che già vivono da tempo in condizioni di estrema povertà. Alla fame, alla sete e alla mancanza di un futuro migliore in cui sperare, da anni si è aggiunto anche un altro problema, quello del reperimento della legna da usare per produrre fuoco e calore. Con la deforestazione e la desertificazione, per alcuni abitanti delle regione centrali dell'Africa è sempre più difficile trovare legna da bruciare e talvolta essi la devono pagare più del cibo che cuociono con essa. Da qui è nata l'idea di portare in questi paesi delle cucine solari montabili che possano offrire la stessa energia della legna bruciata, ma utilizzando la risorsa gratuita del sole. A concretizzare l'idea è stato il Gruppo di Aiuto e Formazione Professionale di Altotting, in Germania, che da allora ha continuato a lavorare per rendere sempre più efficaci le cucine solari. A oggi più di 15.000 di queste cucine solari sono state distribuite in oltre 80 paesi del mondo, dove sono stati anche organizzati corsi per insegnare a montarle e usarle; ma ci vorrebbero circa 200 milioni di queste cucine per risolvere il problema della mancanza di legna dei paesi più poveri. Queste cucine, oltre ad avere il grosso vantaggio di utilizzare una fonte di energia gratuita, sono anche poco costose, facili da trasportare e da montare, e non necessitano di una grande manutenzione. Esse abbisognano solo di insolazione e di uno spazio sgombro protetto dal vento; di modo che il riflettore concentri i raggi del sole sulla pentola e la riscaldi; queste cucine possono raggiungere le stesse temperature delle cucine tradizionali, e quindi, oltre a cucinare, permettono di infornare e friggere. In Italia c'è un'associazione, a Trezzano sul Naviglio, che si chiama Oltre il confine, che si propone di finanziare e effettuare il trasporto e l'installazione di queste cucine solari paraboliche nei campi profughi, nelle scuole e nelle comunità rurali di Niger e Burkina Faso. Sul sito dell'associazione si può contribuire alla diffusione di queste cucine.

giovedì 16 settembre 2010

Le città più ciclabili secondo Legambiente

Secondo il rapporto di Legambiente L'a-bici, presentato a Padova in occasione dell'Expobici 2010, Reggio Emilia e Lodi sono le città più ciclabili d'Italia. Il parametro su cui Legambiente ha misurato la ciclabilità dei capoluoghi italiani, è l'indice di ciclopedonalità, che misura i risultati ottenuti dalle amministrazioni locali nel favorire e integrare i sistemi di spostamento più sostenibili, al centro dei quali vi è la bicicletta. Secondo questo parametro Reggio Emilia è la città dove ci sono, per ogni 100 abitanti, oltre 30 metri di percorsi ciclabili, in cui rientrano piste ciclabili vere e proprie, zone pedonali e zone con moderazione di velocità a 30 km/h. La più alta densità di piste ciclabili si trova invece a Padova. Tra gli altri casi da prendere a modello ci sono Ferrara e Bolzano, che hanno una percentuale di persone che in città si muovono in bici pari circa al 30% della loro popolazione. In generale nei capoluoghi italiani le piste ciclabili hanno raggiunto i 3.227 km, un numero che costituisce circa il triplo dei km che erano presenti nel 2000; il che vuol dire circa 13,3 km per ogni 100 km quadrati; un dato positivo ma non sufficiente, considerando che invece i km a disposizione per chi vuole muoversi in auto sono 222 ogni 100 km quadrati. Inoltre, nonostante il numero e la lunghezza di piste ciclabili siano aumentati, rimane pressochè invariato il numero di spostamenti urbani che avvengono in bicicletta; segno che non basta realizzare nuove piste ciclabili per far andare di più le persone in bicicletta, ma occorre anche una politica di integrazione con gli altri mezzi di trasporto, occorre garantire maggiore sicurezza ai ciclisti, realizzare più parcheggi dove lasciare in sicurezza la propria bici e disincentivare l'uso dell'automobile. Altri dati contenuti nel rapporto L'a-bici si possono trovare a questa pagina del sito di Legambiente, dove è possibile anche confrontare i dati italiani con alcuni dati europei.

giovedì 9 settembre 2010

Le comunità dei Dongria Kondh dell'Orissa e la difesa della montagna su cui vivono

In una regione orientale dello stato indiano dell'Orissa vivono delle comunità indigene che si chiamano Dongria Kondh; la loro casa naturale è costituita dalla montagna Niyamgiri, in inglese Niyamgiri Hills; sulle pendici di questa montagna i Dongria Kondh coltivano la terra, fanno crescere il loro raccolto e raccolgono i frutti che offrono loro spontaneamente gli alberi della foresta. Per i Dongria Kondh la montagna Niyamgiri è non solo fonte di vita, ma anche luogo sacro, è considerata la sedia su cui sta seduta la loro divinità, Niyam Raja, e viene da loro chiamata "la montagna della legge"; essi si considerano protettori di questa montagna, tanto che loro chiamano se stessi Jharnia, che vuol dire "Protettori delle correnti", che sarebbero i fiumi che scorrono lungo le pendici del Niyamgiri. Proprio su questa montagna una multinazionale, la Vedanta, voleva scavare una miniera per estrarre le ricche risorse di bauxite che si trovano nel sottosuolo; ciò avrebbe significato la fine per la vita tranquilla dei Dongria Kondh e per il loro rapporto sacro e intimo con la montagna. Dopo l'ok al progetto da parte della Corte suprema indiana, è arrivato invece lo stop da parte del Governo indiano, che ha giustificato la sua decisione dicendo che il progetto di estrazione della bauxite viola la legge sulle foreste e viola i diritti umani del popolo indigeno che lì vi vive. Si tratta di una importante vittoria per i Dongria Kondh, ma anche per una concezione umana di sviluppo economico rispettosa della storia e della tradizione delle persone e dell'ambiente in cui queste persone vivono. Sul sito di Survival International, il movimento internazionale che si batte per la difesa dei popoli indigeni e che ha dato il suo contributo per questa vittoria, si possono trovare altre informazioni sui Dongria Kondh e sulle loro battaglie, e si può vedere questo video, in inglese, con interviste ai Dongria Kondh.

giovedì 2 settembre 2010

Stop ai sacchetti di plastica: un appello per smettere subito di usarli

Stop ai sacchetti di plastica. Si chiama cosi l'appello che Legambiente invita a firmare e che è indirizzato al ministro dell'Ambiente italiano per invitarlo a non prorogare al 2011 il divieto all'utilizzo dei sacchetti di plastica, che doveva diventare già operativo quest'anno. La petizione mira a raccogliere quante più firme possibili entro il 31 ottobre 2010 per fare pressione per rendere subito operativa la normativa europea che vieta l'utilizzo di sacchetti di plastica non biodegradabili. I numeri che fotografano l'uso dei sacchetti di plastica in Italia e nel mondo sono effettivamente preoccupanti. Nel mondo ogni anno si consumano dai 500 ai 1.000 miliardi di sacchetti di plastica monouso; di questi il consumo italiano ammonta a circa 15 miliardi. Questo vuol dire che un italiano in media usa ogni anno circa 250 sacchetti. Se si pensa che ogni sacchetto comporta un consumo di 8 kg di co2, si capisce l'effetto benefico che ne trarremmo a non usarli più. Effetto benefico che ricadrebbe non solo su di noi esseri umani, ma anche sui tanti animali che sono vittime ogni anno della diffusione nei vari mari del mondo di rifiuti di plastica (si stima più di 1 milione all'anno di vittime tra animali e uccelli marini). Se si aggiunge che per essere completamente eliminati, i sacchetti di plastica si stima che richiedano centinaia di anni, e che costa molto di più smaltirli che produrli, allora conviene proprio mobilitarsi per non usarli più. E l'appello di Legambiente non è solo una richiesta al Governo italiano, ma anche una presa di impegno da parte da chi firma, per impegnarsi in prima persona a non usare più, fin da subito, sacchetti di plastica. In alcuni comuni italiani questo avviene già, e la rotta è tracciata, ma prima si arriva a uno stop effettivo in tutta Italia, e poi nel mondo, e meglio è. Qui è possibile leggere e aderire all'appello.