giovedì 25 novembre 2010

Genitori Antismog, la Milano che si impegna per un ambiente più sano

Si chiama Genitori Antismog (GAS) ed è un'associazione milanese costituita da persone che si impegnano perché l'ambiente in cui vivono sia sempre più sano e meno inquinato. L'associazione svolge la sua attività prevalentemente a Milano, ma per forza di cose le sue lotte, le sue azioni e le sue riflessioni impattano anche altre realtà territoriali. La mission dell'associazione è quella di promuovere attivamente una progressiva e continua riduzione dell'inquinamento a Milano e dintorni, e di sollecitare una politica ambientale che metta veramente al primo posto la salute dei cittadini. A questa pagina del sito dell'associazione è possibile leggere alcuni degli obiettivi che si pone l'associazione; tra questi l'allargamento del ticket antismog a tutti i veicoli, la diffusione e la crescita dell'uso dei mezzi pubblici, lo sviluppo di una rete di viabilità ciclabile che soddisfi le esigenze dei tanti ciclisti milanesi, la chiusura del centro storico alle auto, con la conseguente creazione di zone pedonali, la promozione di sistemi come il car sharing, l'uso delle targhe alterne, un lavaggio continuo e costante delle strade per diminuire il particolato, parcheggi d'interscambio nei punti di ingresso alla città, riduzione dell'inquinamento da riscaldamento, puntando soprattutto sulla riqualificazione energetica degli edifici. Tutto questo i Genitori Antismog di Milano si propongono di raggiungerlo attraverso una paziente opera di sensibilizzazione, interventi culturali, raccolta di ricerche e dati scientifici, e anche azioni concrete, come quella intitolata Siamo nati per camminare, un gioco di educazione alla mobilità sostenibile rivolto a tutti i bambini delle scuole primarie di Milano. Sul sito dell'associazione è possibile rimanere aggiornati sulle sue iniziative e consultare anche molti dati scientifici interessanti sul livello di inquinamento della città di Milano e sul suo impatto sulla salute dei cittadini.

giovedì 18 novembre 2010

La battaglia dei popoli indigeni della valle dell'Omo contro la diga che li minaccia

Il fiume Omo è un fiume etiope che corre per più di 700 km nell'area meridionale del paese, partendo dai circa 2.500 metri di altezza delle sue sorgenti sugli altopiani etiopi per arrivare ai circa 500 metri di altezza del fiume Turkana, dove il fiume sfocia, al confine con il Kenya. Lungo questo fiume vivono diverse comunità di popoli indigeni, per un totale di circa 200.000 persone. Alcuni di questi popoli vivono proprio lungo il fiume, come i Bodi (Me’en), i Daasanach, i Kara (o Karo), i Kwegu (o Muguji), i Mursi e i Nyangato, altri, come gli Hamar, i Chai e i Turkana, vivono un poco più distante. Tutte queste comunità, e in modo particolare quelle che abitano le sponde dell'Omo hanno un modello di sussistenza che si basa sulle esondazioni periodiche del fiume Omo, che, riversando le sue acque e il suo humus sulle terre circostanti, rende queste fertili e coltivabili; grazie a queste esondazioni questi popoli etiopi possono coltivare sorgo, mais e fagioli, a cui si aggiungono e si alternano le coltivazioni a rotazione nelle foreste pluviali e la pastorizia nelle savane o nei pascoli, generati sempre dalle esondazioni. Nell'area del fiume Omo sono state create due parchi naturali nazionali e il suo bacino rientra nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco per la sua importanza geologica e archeologica. Nonostante tutto questo, dal 2006 l'azienda energetica etiope, la EEPCo, e la società italiana Salini Costruttori, in accordo con il governo etiope, ha iniziato la costruzione di una grossa diga, che dovrebbe raggiungere i 240 metri d'altezza, nella zona settentrionale del fiume. La diga, denominata Gibe III, potrebbe, secondo quando sostiene Survival, l'associazione che si batte in difesa dei popoli indigeni, determinare una drastica riduzione della portata del fiume Omo e interrompere il ciclo naturale delle sue esondazioni. Di conseguenza le economie di sussistenza dei popoli indigeni della valle dell'Omo rischiano di collassare, e sarebbe seriamente compromessa la sicurezza alimentare di almeno 100.000 persone. Oltre ai danni per le popolazioni indigene della valle dell'Omo, la diga Gibe III potrebbe anche compromettere seriamente la capacità di sostentamento dei popoli che vivono in riva al lago Turkana, come i Turkana e i Rendille, in quanto il livello delle sue acque potrebbe scendere drasticamente a causa della diminuzione della portata del fiume Omo, che con le sue acque porta il 90% dell'acqua che si trova nel lago Turkana. Oltre a ciò, sembra che l'appalto per il progetto della diga sia stato dato in violazione della legge etiope, in quanto sarebbe stato assegnato senza regolare gara d'appalto, e non sarebbero state realizzate preventivamente le necessarie valutazioni di impatto ambientale e sociale del progetto, cosa che invece sarebbe stata fatta, con forti dubbi sulla loro oggettività, a lavori già iniziati da un'agenzia milanese; il tutto senza consultare le popolazioni indigene, come invece sembra che la legislazione etiope richiederebbe. Il progetto della diga Gibe III, arrivato a un terzo dei suoi lavori, ora aspetta i finanziamenti per andare avanti, finanziamenti che potrebbero arrivare anche dal governo italiano, oltre che da una banca cinese, mentre la Banca Europea per gli Investimenti (BEI), che inzialmente doveva erogare un credito per la realizzazione del progetto, ora ha rinunciato a finanziare la diga, dopo le proteste internazionali e la presa di coscienza dei pericoli relativi alla sicurezza alimentare dei popoli indigeni della valle dell'Omo derivanti dal progetto della diga. Sul sito di Survival, è possibile rimanere aggiornati sulla situazione, raccogliere altre informazioni sul progetto e, soprattutto, sui popoli indigeni della valle dell'Omo, e si può partecipare all'azione di difesa di questi popoli firmando la petizione internazionale promossa dall'associazione, insieme anche ad altre associazioni, spedendo una lettera al Ministro degli Esteri italiano per chiedere di negare i finanziamenti per la diga, almeno fino a quando non verranno fatti studi più approfonditi sull'impatto ambientale, sociale ed economico del progetto sulle popolazioni indigene, o facendo una donazione.

venerdì 12 novembre 2010

Raccolta differenziata per le pile e le batterie scariche

Forse non tutti lo sanno, e anche se lo sanno, magari continuano a fare come se non lo sapessero, spesso non per colpa loro, ma per oggettiva carenza di informazioni a riguardo. Quando dobbiamo buttare via pile e batterie usate e scariche, dovremmo farlo non gettando queste nella pattumiera generalizzata, nell'umido o nella plastica. Anche delle pile e delle batterie è bene fare una raccolta differenziata. In tutte le città dovrebbero esistere dei punti raccolta con contenitori riservati a questo genere di prodotti. A questa pagina per esempio potete trovare i punti vendita autorizzati di Milano che hanno questi contenitori, cosiddetti "contenitori pile da banco"; magari l'elenco non è aggiornatissimo, ma dà comunque un'idea di come possa non essere cosi difficile trovare non lontano dalla propria abitazione un negozio dove poter lasciare le pile e le batterie da buttare. Nel caso in cui nella propria città questo elenco mancasse, è bene andare a buttare pile e batterie in un centro raccolta della società che si occupa della raccolta rifiuti in quella città, come si fa per frigoriferi, lavatrici, televisori e altri oggetti più ingombranti che contengono materiali inquinanti. Si, perché anche quegli oggetti piccoli e apparentemente innocui come le pile e le batterie, contengono materiali inquinanti che vanno trattati in modo adeguato perché non rovinino l'ambiente in cui viviamo.

giovedì 4 novembre 2010

Corso per mediatori internazionali di pace, al via l'ottava edizione

Si terrà a Bertinoro dal 2 al 5 dicembre prossimo l'ottava edizione del Corso per mediatori internazionali di pace. Il corso intende proporre soluzioni e percorsi per la risoluzioni dei conflitti, soprattutto a livello internazionale, che siano nonviolenti e che non facciano ricorso alla guerra e alle armi, fornendo le adeguate conoscenze teoriche e pratiche per interventi civili nelle aree di conflitto e migliorando cosi le capacità operative nella gestione dei conflitti. Al centro di questa proposta didattica il tema della nonviolenza e dei corpi civili di pace. Il corso è rivolto a cittadini, operatori e associazioni che si vogliono impegnare in varie zone del mondo per proporre la soluzione di situazioni conflittuali con modalità pacifiche e nonviolente, basate sul dialogo e sulla comprensione e sulla risoluzione dei problemi che generano i conflitti. Il Corso per mediatori internazionali di pace "Bertinoro 2010" è organizzato da A.L.O.N.-G.A.N. Forlì-Cesena (Associazione Locale Obiezione e Nonviolenza - Gruppo di Azione Nonviolenta). Sul sito dell'associazione è possibile raccogliere tutte le informazioni necessarie per chi volesse partecipare al corso.