martedì 23 giugno 2015

Gli Eritrei scappano da una dittatura che tortura e uccide

Perché vi sono cosi tanti Eritrei tra gli stranieri che sbarcano nel nostro paese? Perché c'è una dittatura, talvolta si dice. Forse quello che rischiamo a volte di dimenticare è cosa significa vivere sotto una dittatura. A dirlo chiaramente è un recente rapporto della commissione d’inchiesta sui diritti umani dell'ONU in Eritrea. In questo rapporto si parla di violazione sistematica e diffusa dei diritti umani e di crimini contro l'umanità. Per la prima volta, come prova di ciò che viene raccontato nel rapporto, vi sono i disegni delle torture che coloro che sono riusciti a scappare dal loro paese hanno dovuto subire o vedere; questi disegni, pubblicati con il consenso di coloro che li hanno fatti, dimostrano tutta la brutalità e la violenza utilizzata dal regime eritreo. Prima dei disegni le prove, ma indirette, di questo stato di cose era costituito solo dalle immagini satellitari delle numerose prigioni presenti nel paese eritreo, luoghi dove la tortura è una consuetudine. In molti scappano per fuggire il servizio militare, in Eritrea obbligatorio dai 16 ai 60 anni. Ed è con questo governo eritreo che tortura e uccide, che il mondo continua a trattare; proprio l'Europa, ai tempi in cui alla guida c'era l'Italia, in una conferenza a Karthoum, in Sudan, altro paese retto da un dittatore sul quale pende un mandato di cattura internazionale emesso dalla Corte Penale Internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità, aveva promesso soldi per lo sviluppo in cambio dell'aiuto del regime eritreo a fermare le fughe dei suoi cittadini verso l'estero. Si dubita che a muovere le redini di queste operazioni diplomatiche siano le multinazionali e forse non è una caso che l'allora sottosegretario agli esteri italiano, che aveva partecipato alle prime fasi di queste negoziazioni tra Europa ed Eritrea, sia adesso candidato ai vertici dell'ENI, che nel corno d'Africa ha enormi interessi. Per approfondire il discorso, si consiglia la lettura di questa intervista-testimonianza, di un eritreo che è riuscito a scappare e i cui disegni sono finiti nel rapporto dell'ONU, persona che adesso, solo per il fatto di aver pubblicato quei disegni, continua a rischiare per la propria vita insieme ai suoi familiari.

martedì 16 giugno 2015

L'oro del Ghana macchiato dal lavoro minorile

Il Ghana è il decimo produttore mondiale di oro, il secondo in Africa dopo il Sud Africa. Ebbene, Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto dove si denuncia il fatto che in molte miniere senza licenza o piccole miniere artigianali ufficialmente non riconosciute lavorano, in condizioni pericolose per la loro salute, migliaia di bambini, la maggior parte d'età compresa tra i 15 e i 17 anni, ma alcuni anche più piccoli. Il rapporto è basato su una ricerca avvenuta sul campo dal 2013 nelle regioni occidentali e centrali del Paese africano e nella regione di Ashanti, dove i ricercatori hanno visitato dieci piccole miniere artigianali e siti di lavorazione dell'oro, e intervistato più di 160 persone, tra cui 44 bambini d'età compresa tra i 9 e i 17 anni. Human Rights Watch ha anche incontrato 20 tra commercianti d'oro in Ghana e raffinerie al di fuori del Paese. E cosi si è scoperto che alcuni bambini sono stati feriti da collassamenti delle miniere in cui lavoravano, collassamenti che hanno anche provocato la morte di un bambino, che essi soffrono di problemi respiratori per le condizioni in cui lavorano, e che essi rischiano danni al cervello o altri danni di lungo periodo per l'intossicazione da mercurio, utilizzato nel processo di lavorazione dell'oro estratto. Molti dei bambini intervistati vanno a lavorare nelle miniere d'oro per potersi pagare la scuola e andarci regolarmente, mentre altri a scuola ci vanno quando possono. Human Rights Watch chiede cosi che sia le società che raffinano l'oro sia le società che alla fine lo comprano e lo utilizzano in tutto il mondo abbiano delle procedure e dei controlli stringenti per evitare che l'oro che parte dal Ghana per arrivare in tutto il mondo sia macchiato da questo lavoro minorile. Sembra essere grande la responsabilità del governo che dà licenze a molti commercianti e esportatori d'oro senza controlli stringenti sulle condizioni di lavoro nelle miniere e sull'utilizzo di lavoro minorile. Sebbene il lavoro minorile nelle miniere vada contro una stessa legge ghanese, il Ghana’s Children’s Act, che proibisce il lavoro nelle miniere al di sotto dei 18 anni, e contro le leggi internazionali a protezione dei minori, il governo non sembra fare molto perché la situazione migliori. E cosi Human Right Watch chiede anche al governo ghanese di offrire una scuola primaria gratuita a tutti i bambini, di sviluppare progetti di crescita sostenibili per i ragazzi e i giovani, e di fare più controlli per regolarizzare la situazione nelle piccole miniere artigianali o senza licenza, controllando che in esse non siano costretti a lavorare anche i bambini.

lunedì 8 giugno 2015

Il Museo 4 Giugno, per non dimenticare il massacro di Piazza Tiananmen

Si sa, quello che avvenne il 4 giugno del 1989 in Piazza Tiananmen a Pechino per il governo cinese è tabù; semplicemente non se ne può parlare in pubblico, e tanto meno si possono organizzare celebrazioni che ricordino questo terribile episodio della storia cinese. A Hong Kong invece è attivo dal 26 aprile 2014 un museo permanente dedicato completamente proprio alla strage di Piazza Tiananmen. Il museo contiene oggetti, fotografie e altri documenti relativi a quelle giornate, involucri di proiettili sparati dall'esercito cinese, magliette firmate dagli allora leaders degli studenti scesi in piazza a protestare contro il regime cinese, un mantello di un residente di Hong Kong andato in quei giorni a sostenere il movimento degli studenti; inoltre c'è un'area dedicata alla storia della libertà e della democrazia in Cina, una biblioteca e una postazione multimediale. Lo scopo è quello di far sapere a coloro che vengono dalla Cina, cosa successe in quei terribili giorni del 1989 e di permettere loro cosi di averne memoria. Il museo è stato voluto dall'Alleanza di Hong Kong in supporto al Movimento democratico patriottico in Cina, la quale ha dovuto affrontare non pochi problemi per l'apertura del museo; lo stesso proprietario dell'edificio che ospita il museo ha mosso una denuncia contro l'Alleanza, denunciando che quell'utilizzo di uno spazio dell'edificio non era consono con le intenzioni iniziali di metterci soprattutto uffici e che esso non era attrezzato per accogliere tanta gente. Per chi avesse la possibilità di visitare questo museo, esso si trova al quinto piano del Foo Hoo Centre in Austin Avenue 3 nell'area urbana di Tsim Sha Tsui, mentre questo è il sito ufficiale del museo.

martedì 2 giugno 2015

A Palermo la decima festa di Addiopizzo

S'è tenuta lo scorso week-end a Palermo la decima festa di Addiopizzo, l'associazione degli imprenditori e dei commercianti che si rifiutano di pagare il pizzo alle mafie per svolgere il proprio lavoro. Come tutte le ricorrenze, questa festa è stato un momento per tirare un bilancio sulle varie attività dell'associazione, cui ormai aderiscono quasi mille tra commercianti e imprenditori, tra cui l'opera di sostegno alle vittime delle mafie, gli incontri con gli studenti di tutta Italia, e le azioni per promuovere un consumo critico, cioé la scelta di acquistare i propri prodotti solo da commercianti e imprenditori che non pagano il pizzo. Ma il tema centrale di questa edizione della festa di Addiopizzo è stato l'investimento collettivo, ossia quell'iniziativa intrapresa a Palermo per cui con le donazioni e le percentuali di acquisto devolute da tutti coloro che utilizzano l'addiopizzocard presso gli operatori convenzionati, si darà vita ad un progetto di riqualificazione territoriale della città di Palermo, che sarà scelto tra due progetti in gara presentati nel week-end, uno su Piazza Magione e l'altro sul Parco della Favorita. Un week-end animato da tante attività: il corteo di giovani e studenti da Piazza Verdi a Piazza Magione, laboratori, giochi, attività sportive, presentazione di libri, concerti, spettacoli teatrali, e, novità di quest'anno, Cibo in festa Sicilian Food Village, un villaggio gastronomico in cui si sono potute degustare molte ricette tipiche della cucina siciliana, ovviamente realizzate da operatori di Addiopizzo.

lunedì 25 maggio 2015

Open-Cooperazione, il sito per la trasparenza delle ONG

Si chiama Open-Cooperazione ed è il nuovo sito nato dalla collaborazione del blog Info-cooperazione.it e dall'associazione Action Aid per promuovere la trasparenza delle ONG impegnate nella cooperazione internazionale e negli aiuti umanitari. Sul nuovo sito infatti ogni associazione che opera in questo campo potrà pubblicare i propri dati, comunicare come e dove vengono impiegati gli aiuti mandati dai donatori, fare luce sulla propria organizzazione interna e rendere noto come intende rendere il più efficace possibile la gestione degli aiuti che arrivano. I gestori del sito Open-Cooperazione immetteranno tutti questi dati e queste informazioni comunicate dalle associazioni in un database che si spera si arrichisca di giorno in giorno, e sarà in grado, se ci sarà la collaborazione delle associazioni, di offrire a tutti gli utenti una fotografia sempre aggiornata della vita della cooperazione internazionale in Italia, con grafici, mappe e infografiche che faciliteranno la lettura dei dati e delle informazioni da parte degli utenti.

martedì 19 maggio 2015

John Mpaliza, il Peace Man Walking

Lui è un ingegnere informatico di Reggio Emilia, è un cittadino italiano, ma è originario della Repubblica Democratica del Congo. Ed è in questo paese che dal 1996 è in corso una guerra, una guerra economica, dovuta principalmente allo sfruttamento delle risorse minerarie di cui è ricco questo paese africano; in particolare lo sfruttamento delle riserve di coltan, il materiale che serve per produrre cellulari, smartphone, tablet e altri apparecchi elettronici ancora. Questa guerra ha finora fatto circa 8 milioni di morti e ha toccato personalmente anche lui, questo ingegnere informatico, in quanto in questa guerra ha visto morire suo padre e rapire sua sorella. E allora questa persona ha deciso di fare qualcosa per tenere alta l'attenzione dell'Italia e di tutta l'Europa sulla guerra nella Repubblica Democratica del Congo. Non avendo altri mezzi che le sue gambe, come è solito dire, questa persona ha deciso, nel 2010, che ogni estate fa una marcia a piedi per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla grave situazione del proprio paese d'origine. E' per questo che questa persona, che si chiama John Mpaliza, in realtà viene chiamato The Peace Man Walking, un uomo in cammino per la pace. Tra le sue marce, la Reggio Emilia-Santiago de Compostela, nel 2010, la Reggio Emilia-Roma, del 2011, dove ha incontrato alcuni parlamentari italiani, la Reggio Emilia-Bruxelles, del 2012, dove John ha chiesto all'Europa di essere più attenta e concreta verso i paesi africani dove c'è guerra e crisi, la Reggio Emilia-Verona, del 2013, e la Reggio Emilia-Reggio Calabria, del 2014. E quest'anno la marcia di John arriverà fino ad Helsinki, sempre partendo da Reggio Emilia. Sempre tutto a piedi, facendo decine di km al giorno. John cammina sempre, con il freddo e con il caldo, con il sole e con la pioggia, e durante il suo cammino, con il suo zaino e la sua chitarra, incontra tanta gente, come è successo a Mantova alcuni giorni fa; incontra studenti, insegnanti, amministratori locali, organizzazioni non governative, e a tutte queste persone racconta del suo Paese e della sua guerra, e fa capire come tutti possano contribuire a migliorare la situazione della Repubblica Democratica del Congo, anche i cittadini comuni che non hanno alte responsabilità politiche, magari comprando meno cellulari, o magari comprando elettrodomestici solo da imprese che non acquistano minerali in zona di guerra e che rispettano i lavoratori, o magari ancora attraverso un uso responsabile e parsimonioso di tutta la strumentazione elettronica che siamo soliti usare ogni giorno. Questo è il messaggio di John: contribuire a portare la pace nella Repubblica Democratica del Congo, con il proprio stile di vita e con le azioni concrete che ciascuno può fare a seconda delle responsabilità e del ruolo sociale che ha.

martedì 12 maggio 2015

In Burundi scontri pericolosi tra opposizione e governo

Solo 10 anni fa il Burundi ha posto fine, con gli accordi di Arusha, a una guerra civile durata per ben 10 anni; e oggi un nuovo motivo ha fatto insorgere scontri pericolosi tra l'opposizione e il governo e la polizia locale. Questo motivo è la ricandidatura, per un terzo mandato, dell'attuale presidente del Burundi Pierre Nkurunziza. Perché questa decisione ha fatto scendere in piazza migliaia di manifestanti che si oppongono alla ricandidatura? Perché proprio gli accordi di Arusha, con cui è stata anche scritta la nuova costituzione del paese, vietano a un presidente di fare più di due mandati. Quindi i manifestanti vogliono difendere la costituzione per evitare nuove dittature, mentre il presidente Nkurunziza giustifica la propria decisione dicendo che nel 2005 egli era già in carica quando sono stati firmati gli accordi di pace. A fine aprile sulla vicenda è intervenuta la Corte Costituzionale del Paese, che ha dato ragione al presidente attuale, affermando che nel 2005 Nkurunziza è stato eletto dal Parlamento e non dal popolo come avviene oggi, per cui è legittima la sua ricandidatura. Ma su questa decisione della Corte Costituzionale aleggiano le voci di minacce fatte ai giudici da alcune persone vicine al presidente, e la fuga all'estero di 4 dei 7 giudici della Corte Costituzionale farebbe propendere per credere alle minacce. Dopo le proteste dei giorni passati il governo ha arrestato centinaia di manifestanti e fatto un giro di vite sui media, chiudendo le radio indipendenti. Intanto purtroppo sono decine già le vittime degli scontri e decine di migliaia i cittadini del Burundi che hanno già deciso di lasciare il Paese. Si spera che prima del 26 giugno, giorno previsto per le elezioni presidenziali, si possa arrivare a una decisione che eviti il deteriorarsi della situazione e che salvaguardi la pace in questo Paese africano.
il rinnovo del mandato presidenziale per cinque anni tramite suffragio universale diretto non rappresenta una violazione della Costituzione”. L’argomento usato dal presidente per ricandidarsi, a quanto pare accolto dai giudici, è che nel 2005 fu eletto capo di Stato dal Parlamento e non in elezioni dirette, quindi quel mandato non conterebbe. - See more at: http://nena-news.it/burundi-la-corte-dice-si-a-nkurunziza-opposizione-e-golpe/#sthash.Zl2S2fka.dpuf
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