giovedì 26 gennaio 2012

Un appello per un nuovo rapporto tra Italia e Libia

Caduto il vecchio regime, ora in Libia c'è spazio per costruire un futuro diverso dal tragico passato che questo paese si lascia alle spalle. Ma questo futuro dipenderà anche dagli accordi che questo nuovo governo farà con gli altri governi, soprattutto con i paesi dell'area mediterranea più vicini. Tra questi, l'Italia, che ha intrattenuto con la Libia in passato rapporti molto discutibili, che spesso hanno fatta carta straccia dei diritti umani. Pochi giorni fa c'è stato il primo incontro tra il primo ministro italiano e quello libico e, in occasione di questo incontro, Amnesty International, ha scritto una lettera-appello al presidente del consiglio italiano per chiedere che la cooperazione con la Libia sia d'ora in poi impostata su criteri completamente diversi rispetto a quelli adottati in passato. Nello specifico si chiede di rifiutare azioni di respingimento in mare di migranti provenienti dalla Libia, come è stato fatto più volte in passato, di fare in modo che ogni attività di cooperazione sia trasparente e subordinata all'impegno dei due paesi di rispettare appieno i diritti umani di richiedenti asilo, rifugiati e migranti, di fondare qualsiasi tipo di controllo dei flussi migratori sul rispetto delle norme di diritto internazionale in materia di salvaguardia dei diritti umani dei rifugiati, e di rivedere il Memorandum d'intesa sul "controllo delle migrazioni", che purtroppo non mette in discussione gli accordi firmati in passato dai due paesi. Inoltre, nella lettera-appello, si chiede al governo italiano anche di fare pressione perché in Libia, con la nuova stagione politica, sia messa al bando la pena di morte, le torture e qualsiasi forma di violenza nei confronti dei detenuti, cessino gli arresti arbitrari e sia concesso a tutti i detenuti la possibilità di avvalersi di un avvocato. Nella sua lettere al presidente del consiglio italiano, Amnesty International denuncia ancora centinaia di casi, di cui è venuta a conoscenza l'associazione, di africani subsahariani che sono stati arrestati mentre stavano cercando di fuggire in Europa e che sono attualmente detenuti nel carcere di Ain Zara senza alcuna accusa formale. Per chi fosse interessato, qui è possibile leggera l'intera lettera di Amnesty International.

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