sabato 19 gennaio 2008

55a Giornata mondiale dei malati di lebbra

E' una malattia spesso dimenticata perché non ci riguarda da vicino, eppure in Africa purtroppo miete ancora molte vittime. E' la lebbra, e per continuare a ricordare tutti i malati di questa malattia già nel 1954 Raoul Follereau, scrittore, poeta e giornalista francese, istituì la Giornata mondiale dei malati di lebbra. Da lì lo scrittore francese fu denominato l'"apostolo dei malati di lebbra", e ogni anno l'evento si rinnova. A organizzarla qui in Italia è l'Associazione Italiana Amici di Raoul Follerau (AIFO), che invita tutti per domenica 27 gennaio ai banchetti allestiti in centinaia di piazze italiane, dove saranno coinvolte altre associazioni, istituzioni, cittadini e dove sarà venduto il Miele della Solidarietà, proveniente dalle aree rurali della Croazia attraverso il circuito del commercio equo e solidale, e il cui ricavato andrà a finanziare le attività dell'AIFO per la cura dei malati di lebbra. La 55a Giornata Mondiale dei malati di lebbra sarà, oltre che un momento per aiutare economicamente le attività dell'AIFO, anche un importante momento per sensibilizzare la popolazione nei confronti della lebbra e dei temi legati allo sviluppo socio-sanitario nei Paesi a basso reddito. Per chi volesse partecipare all'iniziativa o dare il suo contributo, è possibile visitare il sito dell'AIFO.

sabato 12 gennaio 2008

Aki Ra, da piantatore di mine a sminatore

Curiosa la storia di Aki Ra, cittadino di Siem Reap in Cambogia. Rimasto fin da piccolo orfano dei genitori, entrambi uccisi dal regime di Pol Pot, Aki Ra è cresciuto in un campo guerrigliero degli Khmer Rossi, in mezzo alla giungla, dove ha imparato a cacciare cervi e cinghiali con il kalashnikov e con le mine antiuomo. E a combattere contro i vietnamiti dopo la caduta del regime. Aki Ra ha minato centinaia di strade e villaggi nelle zone di Siem Reap, Otdar Meanchey e verso il confine thailandese. Nel 1986 il giovane cambogiano ha cambiato casacca, ma non lavoro. E' passato infatti sotto l'esercito vietnamita, quando quest'ultimo occupò questa regione cambogiana, ma ha continuato a fare quello che aveva fatto fino ad allora. Ma negli anni '90 c'è una conversione improvvisa. Come se si rendesse tutto d'un tratto conto di che cosa veramente vuol dire mettere una mina nel terreno, decide che deve togliere tutte quelle che aveva piantato. Sminare divenne la sua missione, le mine la sua fissazione, al punto da chiamare sua figlia Mina. Da allora Aki Ra ha tolto dalla terra e raccolto centinaia di mine a mano, e nel 1999 ha trasformato la sua casa di Siem Reap in un museo delle mine e ha avviare con alcuni volontari suoi amici un programma di educazione sulle mine per la gente dei villaggi ancora infestati da questi ordigni. Come un tentativo estremo di impedire che altri facciano come lui lo stesso errore nella loro vita. Errore che ancora oggi costa caro alla Cambogia, dove si calcola che vi siano 6 milioni di mine che continuano a mietere vittime: 300 morti e mutilati tra il gennaio 2006 e l’agosto 2007. (fonte: Peacereporter)

sabato 5 gennaio 2008

Nella Repubblica Democratica del Congo per il reinserimento dei bambini soldato

Nella Repubblica Democratica del Congo da dieci anni permane una situazione di guerra che ha già coinvolto 16 milioni di persone e fatto 4 milioni di vittime. Di queste 750.000 erano bambini. Tra i bambini sopravvissuti, molti sono stati costretti a diventare soldati, obbligati sotto minaccia di morte ad assistere e commettere violenze inaudite, divenute infine parte integrante di un comportamento aggressivo-compulsivo. Oggi questi bambini vengono rifiutati anche dalle loro famiglie. Con questi bambini dall'infanzia negata, la Caritas scommette sulla possibilità di un cambiamento attraverso l'aggregazione, il gioco e il canto, i corsi di alfabetizzazione o l'inserimento a scuola, gli incontri personali e di gruppo, la mediazione in famiglia e nel villaggio, lo svolgimento di piccoli lavori rurali. Sono in modo particolare due i progetti con cui la Caritas persegue questo obiettivo. Il primo si chiama A scuola di Pace, e nel Maniema coinvolge 20 scuole. Questo progetto prevede la formazione di insegnanti sulla relazione con bambini vittime del disturbo post-traumatico da stress per 750 alunni ex combattenti. Nel 2008 sarà estesa agli insegnanti di 60 scuole a beneficio di 1.500 alunni. L'altro progetto si chiama Cambiamento intrapersonale e reinserimento sociale per i bambini soldato, si svolge nel Nord Kivu ed è incentrato sulla gestione di 3 centri di transito e orientamento, che ospitano circa 600 bambini soldato ogni anno. Congedati o disertori, i bambini raggiungono i centri spesso ancora vestiti da militari; qui iniziano a seguire dei corsi di alfabetizzazione e svolgere lavori ergoterapici legati all'orticoltura e al piccolo allevamento. Ad oggi, attraverso queste azioni, la Caritas è riuscita a reintegrare 27.300 bambini.

sabato 29 dicembre 2007

Il popolo Tolupan continua a lottare per la propria terra

A luglio ho pubblicato un post in cui parlavo di Magdalena Pérez Vieda e del suo impegno per la comunità dei Tolupan, popolo indigeno dell'Honduras minacciato dall'esproprio forzato delle proprie terre da parte di grandi allevatori canadesi che occupano il territorio per usi che non tutelano la sopravvivenza dei popoli indigeni. Ebbene è arrivato un aggiornamento su questa situazione problematica. E subito si trova una importante novità positiva, costituita dal fatto che i Tolupan minacciati nella zona della Montagna de la flor, stanno tentando ancora una volta di rimettersi insieme a coltivare mais e fagioli, quello cioé di cui hanno bisogno per vivere. Il primo tentativo era stato fatto nell'aprile scorso, sotto la guida del figlio maggiore di Magdalena, Bladimir Pérez, che aveva aiutato i Tolupan a trovare il coraggio e l'organizzazione necessari per affrontare la stagione della semina. Purtroppo a quel tentativo era seguito l'attentato allo stesso Bladimir, e con esso anche i tentativi di autoorganizzazione sembravano andare in fumo. Ma da un mese a questa parte, nuovamente periodo di semina in Honduras, grazie al coordinamento di Bladimir e al coinvolgimento della Fetrixy, la federazione delle tribù Tolupan della zona di Yioro, si è organizato un gruppo di 300 uomini delle tre tribu Candelaria, la tribù di Magdalena, Bolsita e Palmaria. Il gruppo farà base nella casa della famiglia Pérez e coltiverà mais e fagioli sfidando le pressioni e le minacce degli allevatori. A sostegno di questa lotta, dall'Italia è stato inviato un contributo di 200 euro per sostenere le spese dei materiali da lavoro (dalle zappe alle amache) e delle sementi ed il loro trasporto alla comunità. Nel frattempo si attendono nuove notizie anche dalla Fetrixy, che si ritrovava proprio in questo mese per il suo congresso annuale, e da Alba, un'italiana che lavora in honduras nel COPINH, un'organizzazione honduregna del popolo Lenca, e che sta cercando di recarsi personalmente nella comunità di Magdalena, di incontrarne il figlio e di parlare in merito a possibili nuove piste di lavoro. Speriamo che i Tolupan mandino presto altre buone notizie. Per chi è interessato ad approfondire la situazione dei Tolupan o a dare un suo contributo, è possibile scrivere all'email davide.dotta@libero.it.

sabato 22 dicembre 2007

Dom Flavio Cappio e la gente del Nordest brasiliano lotta per salvare il Rio Sao Francisco

Il fiume Sao Francisco, con i suoi 2700 km di lunghezza, è il terzo corso d’acqua del Brasile, e con la sua acqua garantisce la sopravvivenza di 15 milioni di persone che vivono in 5 differenti stati del Nordest brasiliano. Secondo un progetto appoggiato dal governo brasiliano, questo fiume dovrebbe a breve essere deviato in una rete di 720 km di canali, che andranno ad irrigare laghi artificiali, riserve d’acqua e fiumi in una regione colpita da una cronica siccità. Le acque che saranno deviate nei canali serviranno per il 70% all’irrigazione di grandi coltivazioni e allevamenti di gamberi, per il 26% ad uso industriale e solo il 4% a beneficio delle popolazioni delle aree rurali e urbane locali. Contro questo progetto fin dal 2005 s'è mobilitata la popolazione delle regioni bagnate dal rio Sao Francisco, guidata nella sua protesta dal francescano Dom Flavio Cappio, vescovo di Barra. La deviazione del rio Sao Francisco comporterebbe infatti una forte diminuzione dell'acqua utilizzabile per dissetare la popolazione del luogo e un duro colpo alla biodiversità della regione. Cosi il vescovo di Barra, già nel 2005, aveva intrapreso un digiuno di protesta e di preghiera che è stato ripreso proprio nelle scorse settimane per impedire l'inizio dei lavori. Purtroppo in settimana è arrivata la notizia della sentenza con cui il Supremo tribunale federale ha autorizzato la ripresa dei lavori del progetto di deviazione del fiume. Dopo aver appreso la notizia Dom Flavio Cappio ha avuto un mancamento, in seguito al quale è stato ricoverato in ospedale e costretto a chiudere il digiuno. Ma in una sua lettera egli ha dichiarato: "Chiudo il mio digiuno, ma non la mia battaglia... in questo grande movimento... abbiamo vissuto un momento senza pari di intensa comunione ed esercizio di solidarietà... Vogliamo ampliare il dibattito, diffondere informazioni vere, far conoscere la nostra mobilitazione". (fonti: Misna e Incrocinews)

sabato 8 dicembre 2007

Suor Raquel, la suora dei giovani detenuti di Kamiti, in Kenya.

Caparbietà, ostinazione e speranza. Queste le doti di Suor Raquel, una suora che dal 2000 assiste e aiuta i detenuti dello Youth Correctional Training Centre (YCTC), il carcere minorile di Kamiti, alla periferia di Nairobi, in Kenya. In questo carcere vengono reclusi i ragazzi dai 14 ai 21 anni che hanno commesso il primo crimine di bassa entità. A questi ragazzi Suor Raquel offre il suo aiuto per farli crescere e aiutarli a sconfiggere i fantasmi del loro passato criminale. Tutti i ragazzi ospitati nello YCTC rimangono lì 4 mesi e poi escono per rifarsi una vita. Ma tanti ragazzi che uscivano confidavano a Suor Raquel la loro paura e la loro preoccupazione per il loro "ritorno alla realtà", in quanto spesso questo per loro significava rischiare di finire per strada, essere maltrattati dalla gente del quartiere o ritornare a delinquere per finire in un carcere di massima sicurezza. Ed ecco allora il sorgere di un sogno nel cuore di Suor Raquel: costruire una casa per accogliere gli ex detenuti e per aiutarli a reinserirsi, in modo adeguato e con un nuovo ruolo, nella vita della società. Nel 2004, durante un convegno all'Istituto dove s'era preparata al servizio nel carcere, l'Istituto di Social Ministry, Suor Raquel presentò il suo sogno e trovò qualcuno che raccolse il suo appello. Cosi quell'idea nata dall'esperienza del carcere si trasformò presto in un progetto. La conferenza episcopale del Kenya donò un terreno dove costruire la casa e la Caritas Italiana mandò i primi fondi per la costruzione. Cosi il 1° aprile 2006 venne inaugurato il Saint Joseph Cafasso Consolation House, dove entrarono 10 ragazzi ex detenuti. Fino a oggi 15 ragazzi hanno potuto vivere l'esperienza rieducativa del centro di Suor Raquel, ma ancora in tanti vorrebbero viverla se ci fosse spazio per loro. Per questo Suor Raquel, con l'aiuto della Caritas, sta coltivando un altro sogno, ampliare la struttura per poter accogliere ancora più ragazzi e aiutarli a ricostruirsi una nuova vita. Per chi volesse contribuire, è possibile andare sul sito della Caritas.

sabato 1 dicembre 2007

Nel quartiere Nueva vida di Ciudad Sandino in Nicaragua un progetto per aiutare donne e bambini

Nel quartiere Nueva vida di Ciudad Sandino in Nicaragua, l'associazione Redes de Solidaridad sta da tempo portando avanti, anche grazie al sostegno della Caritas Ambrosiana, un progetto chiamato Promozione della sicurezza alimentare, salute, allattamento materno, e della formazione delle madri gestanti, a favore di donne, neonati e bambini. Le attività portate avanti stanno migliorando le condizioni di vita di giovani incinte, madri e bambini di diverse età, che altrimenti vivrebbero in condizioni più critiche di denutrizione ed emarginazione. In 6 mesi sono state rese possibile visite mediche, con relativi esami clicnici, per 21 gestanti e 6 neonati, con una piccola compartecipazione economica ove possibile, per valorizzare l'importanza della salute materna anziché suggerire un'idea di assistenza totalmente esterna e accessoria. A 28 bambini sono stati garantiti 3.762 dosi di latte e vitamine da aggiungere a complemento del latte materno. Ogni giorno si distribuiscono bicchieri di latte a 280 bambini circa, e viene gestita una mensa che cerca di assicurare razioni giornaliere equivalenti ad una colazione e ad un pranzo equilibrato. Oltre al sostegno in termini di nutrizione e cure mediche, il progetto prevede anche un percorso formativo sulle tematiche di maternità e igiene. Sono stati infatti organizzati finora 18 laboratori per gruppi di 15 donne ciascuno, di formazione e sensibilizzazione sui temi diversi quali allattamento materno, igiene e nutrizione, pronto soccorso, maltrattamento e violenza domestica, pianificazione famigliare. Tutte queste attività hanno contribuito a generare un senso di collettività più forte e un aumento dell'autostima nelle donne, ed ha favorito il sorgere di piccole attività commerciali gestite proprio dalle donne, alla ricerca di una sempre maggiore autonomia e di un ruolo di responsabilità nella vita comunitaria.